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| - La sezione è composta da 359 buste, contenenti 2.431 unità archivistiche, che testimoniano l’attività svolta dall’associazione dal 1943 al 2000. Dette unità, seguono un ordine cronologico annuale e mensile e sono provviste di un numero di corda progressivo. Le carte sono state suddivise in quattro titoli, denominati rispettivamente «Udi centro», «Udi sedi locali», «Movimenti femminili e femministi», «Documentazione varia» (partiti, associazioni, istituzioni, stampa). Il I titolo, «Udi centro», è suddiviso in sottotitoli, secondo uno schema organizzativo che riproduce la struttura organizzativa e l’attività della sede nazionale; sono evidenziari gli organismi dirigenti, seguendo un percorso gerarchico, e gli organismi costituiti all’interno dell’associazione per assumere una funzione di “sponda” verso l’esterno. Esempio sono le cosiddette “associazioni differenziate”, che costituirono uno strumento originale elaborato dall’Udi tra la metà del 1946 e il 1947 per estendere la propria influenza tra quelle donne, come le contadine, le vedove capofamiglia, le mogli dei minatori e degli emigranti, le casalinghe ed altre ancora, che vivevano in ambienti rivelatisi poco ricettivi ai tradizionali sistemi di propaganda, identificabili come categorie portatrici di interessi specifici e diffusi nella società italiana di allora; associazioni che, indubbiamente, costituirono un formidabile strumento di formazione politica e di emancipazione. Altri organismi, come il Tribunale 8 Marzo costituito nel 1979, che aveva come obiettivo la raccolta di testimonianze e denunce riguardanti la violazione di norme giuridiche in materia di parità tra i sessi e “dei principi generali della convivenza civile per il persistere di strutture sociali ostili alle donne e di pregiudizi culturali ancora ampiamente diffusi”. Le unità archivistiche prodotte negli anni 1943-1945 sono ordinate in maniera differente, a testimonianza di un periodo di grande mobilitazione. I fascicoli del 1945 riproducono la divisione territoriale del paese e delle soluzioni organizzative adottate per operare in condizioni assolutamente differenti, nella clandestinità al nord e in forme legali al centro e al sud: quelli relativi a zone dove ancora si combatteva la guerra partigiana, conservano le carte prodotte dai Gruppi di difesa della donna di quelle regioni, i fascicoli «Udi centro 1945», sottofascicoli «Comitato di iniziativa» e «Campagna per il voto» offrono una diversa tipologia documentaria, soprattutto verbali di riunioni e corrispondenza, con lo scopo di ricostruire il contesto in cui si svilupparono le iniziative per la rivendicazione dei diritti politici, primo fra tutti quello di voto, promosse dalle associazioni e dalle sezioni femminili dei partiti. Si segnalano, tra l’altro, alcune petizioni inviate al governo dal «Comitato pro voto», corredate dalle firme raccolte tra le donne nei quartieri popolari e nei luoghi di lavoro. Alcune di queste associazioni, come l’Udi e il Cif, erano di recente formazione mentre l’Alleanza Femminile, la Fildis, la Fidapa avevano alle spalle una storia lunga e travagliata, che risaliva all’Italia prefascista ed erano depositarie della memoria storica del femminismo italiano. Di particolare rilievo sono anche i verbali e i resoconti delle riunioni che condussero alla costituzione dell’Udi così come la corrispondenza, dalla quale emergono i contatti che si andavano instaurando con le forze alleate e con le istituzioni italiane, lo sviluppo dell’attività di assistenza, soprattutto a favore dei reduci e dell’infanzia. Mentre nel paese si ricostruiscono, sulle macerie della guerra, gli architravi della politica e il tessuto sociale, le donne sperimentano ancora una volta modi diversi per affermare la propria presenza nella società e sperimentare modelli nuovi di cittadinanza: le carte raccontano questa incessante elaborazione di nuove forme di intervento nel sociale, affinché l’affermazione giuridica dei diritti trovasse concreta realizzazione. Un impegno, quello volto all’affermazione di una piena cittadinanza, che l’Udi sosterrà sul doppio fronte istituzionale e sociale sin dal 1945 come testimoniano, ad esempio, la fitta corrispondenza intrattenuta con il Ministero della guerra e la Commissione nazionale per i reduci e i prigionieri e le lettere che i reduci e i loro familiari inviano all’Unione Donne Italiane. Molteplici relazioni e rapporti prodotti sia da organismi nazionali, come la Commissione assistenza, sia dalle diverse sedi locali testimoniano l’attività espletata dall’Udi per la creazione di strutture e interventi rivolti prevalentemente a favore dell’infanzia, come le colonie estive, gli asili e le famose “campagne di ospitalità” per i bambini meridionali. Molto documentato è anche l’impegno che l’Udi profuse per fornire alle donne una professionalità in grado di inserirle a pieno titolo nel mondo del lavoro, una preparazione specifica, attraverso la realizzazione di corsi di formazione mirati nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura, dei servizi. La documentazione inerente la fase preparatoria e lo svolgimento dei congressi nazionali e provinciali, i lavori della Segreteria, del Comitato direttivo, del Comitato esecutivo e degli altri organismi dirigenti è notevole. Il materiale corposo e naturalmente diversificato delle Commissioni di lavoro è ordinato in sottofascicoli articolati in inserti numerati e si tratta, peraltro, dell’unico caso in cui si è fatto ricorso a tale ulteriore suddivisione. La necessità di fare emergere le trasformazioni frequenti di strutture e di organismi di lavoro e le rispettive denominazioni, ha portato ad adottare una denominazione plurima, costituita da una doppia e in qualche caso tripla definizione, che rende maggiore giustizia alla peculiarità organizzativa dell’associazione e, nel contempo, permette all’utente di seguire in modo più agevole questo tortuoso percorso. È quanto accade, per fare alcuni esempi, agli organismi comitato Esecutivo e comitato Direttivo, i quali solo nei primi anni di vita dell’associazione hanno una fisionomia distinta, mentre col tempo prevale un uso intercambiabile dell’una o dell’altra denominazione per riferirsi allo stesso organismo. Un particolare che si evidenzia soprattutto nel caso delle commissioni di lavoro, che modificano la propria denominazione in modo ricorrente, talvolta per periodi molto brevi. È il caso del settore che si occupava del lavoro delle donne che assume le denominazioni «lavoratrici», «problemi del lavoro», «lavoro» ed altre ancora in una sequenza cronologica ravvicinata. Talvolta il nome cambia radicalmente, come nel caso della commissione cui era affidata la gestione amministrativo-finanziaria, denominata prima «finanziaria» e poi «risorse», «gestione delle risorse» per cui si è deciso di assumere una denominazione onnicomprensiva, «conti dell’Udi», da utilizzare per tutti gli anni. Vale la pena sottolineare che la commissione non faceva uso di libri contabili ma presentava i propri bilanci, con rendiconti annuali suddivisi per mesi, spesso redatti a mano su carta a quadretti. La trasformazione organizzativa del 1982 ebbe dei riflessi anche in questo settore, per la demolizione della struttura piramidale e per le competenze tradizionali delle commissioni di lavoro che subiranno modifiche. Nella fattispecie, la contabilità sarà sottratta a questi organismi per essere affidata a un nuovo istituto chiamato «comitato delle Garanti», nominato ogni anno nelle assemblee nazionali autoconvocate. La documentazione conservata nei sottofascicoli «commissioni di lavoro» è quella che maggiormente ha risentito della suddivisione dell’archivio nei due fondi cronologico e tematico. Alcune di esse, come le commissioni «Internazionale-rapporti internazionali» e «Lavoro», hanno subìto un completo depauperamento poiché la quasi totalità delle carte da loro prodotte è attualmente conservata nell’archivio tematico. Un esempio, questo, della assoluta complementarità dei due archivi. Particolare interesse, ai fini di una ricostruzione dei processi di formazione di un ceto politico femminile nel secondo dopoguerra, sono le carte della commissione per le «Attività formative e del Centro Elsa Bergamaschi», che documentano l’attività svolta dalla «scuola nazionale Irma Bandiera», un istituto che aveva il compito di fornire alle militanti una formazione politica e culturale, capace di trasformarle in “quadri” efficienti e capaci. Anche le carte della commissione «ragazze» offrono materiale interessante, specialmente in merito ai processi di modernizzazione della società italiana nel dopoguerra. Nel Titolo II - «Udi sedi locali» - è conservata la cospicua documentazione dei rapporti che intercorsero tra la sede centrale, i comitati provinciali, le sezioni e i circoli dislocati nel territorio nazionale. Sono carte dalla tipologia diversificata che raccontano come l’Udi sia stata presente pressoché in tutte le province del paese, in particolare per la celebrazione dell’8 Marzo che era spesso una delle poche occasioni che il circolo Udi poteva utilizzare, nei piccoli centri, per avvicinare le donne attraverso l’offerta di un rametto di mimosa nelle fabbriche, nelle campagne, negli uffici, oppure con la diffusione di «Noi Donne», di un notiziario locale o di un semplice volantino. Le carte sono state ordinate per «Sedi locali», a sua volta suddivise per regioni. In questo settore è possibile trovare corrispondenza, relazioni di attività, piani di lavoro e molto materiale a stampa, soprattutto volantini e periodici prodotti dai circoli e dai comitati provinciali, spesso numeri unici che costituiscono una fonte preziosa di informazioni sulle iniziative promosse e realizzate nel territorio. Nel titolo III, «Movimenti femminili e femministi», sono conservate quelle carte che testimoniano la complessità dei rapporti che intercorsero tra l’Udi e l’associazionismo femminile di ispirazione laica e cattolica, prevalentemente corrispondenza, verbali di riunioni e materiale a stampa. Particolarmente copiosa la documentazione sull’attività svolta dal 1956 fino a tutti gli anni Settanta dal Comitato di associazioni femminili che riuniva l’Udi, il Cndi, la Fildis, che rappresentavano la memoria storica di quel femminismo italiano di matrice liberale e laica, l’Associazione delle donne giuriste, l’Alleanza femminile e altre associazioni allo scopo di promuovere una maggiore presenza della donna nella vita politica e istituzionale, di eliminare quegli aspetti della legislazione italiana contenenti norme discriminatorie. Scarsa invece la documentazione sui rapporti con il Cif e le altre associazioni cattoliche. Il progressivo rarefarsi di questa documentazione è uno specchio fedele delle vicissitudini della politica italiana nel secondo dopoguerra, dal clima di collaborazione e dialogo che caratterizzò l’agire dei partiti antifascisti nei primi mesi postbellici, alla diffidenza e poi allo scontro ideologico che dilagò durante la “guerra fredda”, sino alle caute aperture che seguirono agli avvenimenti del 1956 e ai nuovi rapporti che si svilupparono negli anni Sessanta. In questi anni cominciò infatti a sgretolarsi il muro di diffidenza con cui il movimento femminista aveva guardato alla politica di emancipazione praticata dalle associazioni femminili nei decenni precedenti. L’ultimo titolo, il IV, fornisce un quadro realistico delle relazioni ntrattenute dall’Udi con la società civile e politica e con le istituzioni, dove naturalmente gli interlocutori privilegiati sono il Pci, la Cgil e le organizzazioni collaterali o comunque vicine alla sinistra. Si tratta per la maggior parte di relazioni, atti di convegni, corrispondenza con partiti, sindacati e associazioni, stampati con disegni e proposte di legge, ritagli stampa.
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dc:date
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ha conservatore
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ha date complesso archivistico
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ha estensione date...esso archivistico
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ha statusProvenienza
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abstract
| - La sezione è composta da 359 buste, contenenti 2.431 unità archivistiche, che testimoniano l’attività svolta dall’associazione dal 1943 al 2000. Dette unità, seguono un ordine cronologico annuale e mensile e sono provviste di un numero di corda progressivo. Le carte sono state suddivise in quattro titoli, denominati rispettivamente «Udi centro», «Udi sedi locali», «Movimenti femminili e femministi», «Documentazione varia» (partiti, associazioni, istituzioni, stampa). Il I titolo, «Udi centro», è suddiviso in sottotitoli, secondo uno schema organizzativo che riproduce la struttura organizzativa e l’attività della sede nazionale; sono evidenziari gli organismi dirigenti, seguendo un percorso gerarchico, e gli organismi costituiti all’interno dell’associazione per assumere una funzione di “sponda” verso l’esterno. Esempio sono le cosiddette “associazioni differenziate”, che costituirono uno strumento originale elaborato dall’Udi tra la metà del 1946 e il 1947 per estendere la propria influenza tra quelle donne, come le contadine, le vedove capofamiglia, le mogli dei minatori e degli emigranti, le casalinghe ed altre ancora, che vivevano in ambienti rivelatisi poco ricettivi ai tradizionali sistemi di propaganda, identificabili come categorie portatrici di interessi specifici e diffusi nella società italiana di allora; associazioni che, indubbiamente, costituirono un formidabile strumento di formazione politica e di emancipazione. Altri organismi, come il Tribunale 8 Marzo costituito nel 1979, che aveva come obiettivo la raccolta di testimonianze e denunce riguardanti la violazione di norme giuridiche in materia di parità tra i sessi e “dei principi generali della convivenza civile per il persistere di strutture sociali ostili alle donne e di pregiudizi culturali ancora ampiamente diffusi”. Le unità archivistiche prodotte negli anni 1943-1945 sono ordinate in maniera differente, a testimonianza di un periodo di grande mobilitazione. I fascicoli del 1945 riproducono la divisione territoriale del paese e delle soluzioni organizzative adottate per operare in condizioni assolutamente differenti, nella clandestinità al nord e in forme legali al centro e al sud: quelli relativi a zone dove ancora si combatteva la guerra partigiana, conservano le carte prodotte dai Gruppi di difesa della donna di quelle regioni, i fascicoli «Udi centro 1945», sottofascicoli «Comitato di iniziativa» e «Campagna per il voto» offrono una diversa tipologia documentaria, soprattutto verbali di riunioni e corrispondenza, con lo scopo di ricostruire il contesto in cui si svilupparono le iniziative per la rivendicazione dei diritti politici, primo fra tutti quello di voto, promosse dalle associazioni e dalle sezioni femminili dei partiti. Si segnalano, tra l’altro, alcune petizioni inviate al governo dal «Comitato pro voto», corredate dalle firme raccolte tra le donne nei quartieri popolari e nei luoghi di lavoro. Alcune di queste associazioni, come l’Udi e il Cif, erano di recente formazione mentre l’Alleanza Femminile, la Fildis, la Fidapa avevano alle spalle una storia lunga e travagliata, che risaliva all’Italia prefascista ed erano depositarie della memoria storica del femminismo italiano. Di particolare rilievo sono anche i verbali e i resoconti delle riunioni che condussero alla costituzione dell’Udi così come la corrispondenza, dalla quale emergono i contatti che si andavano instaurando con le forze alleate e con le istituzioni italiane, lo sviluppo dell’attività di assistenza, soprattutto a favore dei reduci e dell’infanzia. Mentre nel paese si ricostruiscono, sulle macerie della guerra, gli architravi della politica e il tessuto sociale, le donne sperimentano ancora una volta modi diversi per affermare la propria presenza nella società e sperimentare modelli nuovi di cittadinanza: le carte raccontano questa incessante elaborazione di nuove forme di intervento nel sociale, affinché l’affermazione giuridica dei diritti trovasse concreta realizzazione. Un impegno, quello volto all’affermazione di una piena cittadinanza, che l’Udi sosterrà sul doppio fronte istituzionale e sociale sin dal 1945 come testimoniano, ad esempio, la fitta corrispondenza intrattenuta con il Ministero della guerra e la Commissione nazionale per i reduci e i prigionieri e le lettere che i reduci e i loro familiari inviano all’Unione Donne Italiane. Molteplici relazioni e rapporti prodotti sia da organismi nazionali, come la Commissione assistenza, sia dalle diverse sedi locali testimoniano l’attività espletata dall’Udi per la creazione di strutture e interventi rivolti prevalentemente a favore dell’infanzia, come le colonie estive, gli asili e le famose “campagne di ospitalità” per i bambini meridionali. Molto documentato è anche l’impegno che l’Udi profuse per fornire alle donne una professionalità in grado di inserirle a pieno titolo nel mondo del lavoro, una preparazione specifica, attraverso la realizzazione di corsi di formazione mirati nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura, dei servizi. La documentazione inerente la fase preparatoria e lo svolgimento dei congressi nazionali e provinciali, i lavori della Segreteria, del Comitato direttivo, del Comitato esecutivo e degli altri organismi dirigenti è notevole. Il materiale corposo e naturalmente diversificato delle Commissioni di lavoro è ordinato in sottofascicoli articolati in inserti numerati e si tratta, peraltro, dell’unico caso in cui si è fatto ricorso a tale ulteriore suddivisione. La necessità di fare emergere le trasformazioni frequenti di strutture e di organismi di lavoro e le rispettive denominazioni, ha portato ad adottare una denominazione plurima, costituita da una doppia e in qualche caso tripla definizione, che rende maggiore giustizia alla peculiarità organizzativa dell’associazione e, nel contempo, permette all’utente di seguire in modo più agevole questo tortuoso percorso. È quanto accade, per fare alcuni esempi, agli organismi comitato Esecutivo e comitato Direttivo, i quali solo nei primi anni di vita dell’associazione hanno una fisionomia distinta, mentre col tempo prevale un uso intercambiabile dell’una o dell’altra denominazione per riferirsi allo stesso organismo. Un particolare che si evidenzia soprattutto nel caso delle commissioni di lavoro, che modificano la propria denominazione in modo ricorrente, talvolta per periodi molto brevi. È il caso del settore che si occupava del lavoro delle donne che assume le denominazioni «lavoratrici», «problemi del lavoro», «lavoro» ed altre ancora in una sequenza cronologica ravvicinata. Talvolta il nome cambia radicalmente, come nel caso della commissione cui era affidata la gestione amministrativo-finanziaria, denominata prima «finanziaria» e poi «risorse», «gestione delle risorse» per cui si è deciso di assumere una denominazione onnicomprensiva, «conti dell’Udi», da utilizzare per tutti gli anni. Vale la pena sottolineare che la commissione non faceva uso di libri contabili ma presentava i propri bilanci, con rendiconti annuali suddivisi per mesi, spesso redatti a mano su carta a quadretti. La trasformazione organizzativa del 1982 ebbe dei riflessi anche in questo settore, per la demolizione della struttura piramidale e per le competenze tradizionali delle commissioni di lavoro che subiranno modifiche. Nella fattispecie, la contabilità sarà sottratta a questi organismi per essere affidata a un nuovo istituto chiamato «comitato delle Garanti», nominato ogni anno nelle assemblee nazionali autoconvocate. La documentazione conservata nei sottofascicoli «commissioni di lavoro» è quella che maggiormente ha risentito della suddivisione dell’archivio nei due fondi cronologico e tematico. Alcune di esse, come le commissioni «Internazionale-rapporti internazionali» e «Lavoro», hanno subìto un completo depauperamento poiché la quasi totalità delle carte da loro prodotte è attualmente conservata nell’archivio tematico. Un esempio, questo, della assoluta complementarità dei due archivi. Particolare interesse, ai fini di una ricostruzione dei processi di formazione di un ceto politico femminile nel secondo dopoguerra, sono le carte della commissione per le «Attività formative e del Centro Elsa Bergamaschi», che documentano l’attività svolta dalla «scuola nazionale Irma Bandiera», un istituto che aveva il compito di fornire alle militanti una formazione politica e culturale, capace di trasformarle in “quadri” efficienti e capaci. Anche le carte della commissione «ragazze» offrono materiale interessante, specialmente in merito ai processi di modernizzazione della società italiana nel dopoguerra. Nel Titolo II - «Udi sedi locali» - è conservata la cospicua documentazione dei rapporti che intercorsero tra la sede centrale, i comitati provinciali, le sezioni e i circoli dislocati nel territorio nazionale. Sono carte dalla tipologia diversificata che raccontano come l’Udi sia stata presente pressoché in tutte le province del paese, in particolare per la celebrazione dell’8 Marzo che era spesso una delle poche occasioni che il circolo Udi poteva utilizzare, nei piccoli centri, per avvicinare le donne attraverso l’offerta di un rametto di mimosa nelle fabbriche, nelle campagne, negli uffici, oppure con la diffusione di «Noi Donne», di un notiziario locale o di un semplice volantino. Le carte sono state ordinate per «Sedi locali», a sua volta suddivise per regioni. In questo settore è possibile trovare corrispondenza, relazioni di attività, piani di lavoro e molto materiale a stampa, soprattutto volantini e periodici prodotti dai circoli e dai comitati provinciali, spesso numeri unici che costituiscono una fonte preziosa di informazioni sulle iniziative promosse e realizzate nel territorio. Nel titolo III, «Movimenti femminili e femministi», sono conservate quelle carte che testimoniano la complessità dei rapporti che intercorsero tra l’Udi e l’associazionismo femminile di ispirazione laica e cattolica, prevalentemente corrispondenza, verbali di riunioni e materiale a stampa. Particolarmente copiosa la documentazione sull’attività svolta dal 1956 fino a tutti gli anni Settanta dal Comitato di associazioni femminili che riuniva l’Udi, il Cndi, la Fildis, che rappresentavano la memoria storica di quel femminismo italiano di matrice liberale e laica, l’Associazione delle donne giuriste, l’Alleanza femminile e altre associazioni allo scopo di promuovere una maggiore presenza della donna nella vita politica e istituzionale, di eliminare quegli aspetti della legislazione italiana contenenti norme discriminatorie. Scarsa invece la documentazione sui rapporti con il Cif e le altre associazioni cattoliche. Il progressivo rarefarsi di questa documentazione è uno specchio fedele delle vicissitudini della politica italiana nel secondo dopoguerra, dal clima di collaborazione e dialogo che caratterizzò l’agire dei partiti antifascisti nei primi mesi postbellici, alla diffidenza e poi allo scontro ideologico che dilagò durante la “guerra fredda”, sino alle caute aperture che seguirono agli avvenimenti del 1956 e ai nuovi rapporti che si svilupparono negli anni Sessanta. In questi anni cominciò infatti a sgretolarsi il muro di diffidenza con cui il movimento femminista aveva guardato alla politica di emancipazione praticata dalle associazioni femminili nei decenni precedenti. L’ultimo titolo, il IV, fornisce un quadro realistico delle relazioni ntrattenute dall’Udi con la società civile e politica e con le istituzioni, dove naturalmente gli interlocutori privilegiati sono il Pci, la Cgil e le organizzazioni collaterali o comunque vicine alla sinistra. Si tratta per la maggior parte di relazioni, atti di convegni, corrispondenza con partiti, sindacati e associazioni, stampati con disegni e proposte di legge, ritagli stampa.
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scheda provenienza href
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scheda SAN
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ha livelloSuperiore
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consistenza
| - 359 buste, 2.431 unità archivistiche
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| - 359 buste, 2.431 unità archivistiche
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forma autorizzata complesso archivistico
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record provenienza id
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sistema provenienza
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tipologia complesso
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is è conservatore di
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