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| - La sezione consta approssimativamente di 1.203 esemplari prodotti dall’UDI dal 1944 agli anni Novanta. I manifesti sono pervenuti soprattutto da enti locali e sindacati in occasione dell’8 marzo, da organismi femminili e femministi dal 1980 al 1992. Per 48 manifesti sono stati rintracciati i bozzetti con lo studio preparatorio alla stampa, con l’indicazione delle misure dello scritto, della fotografia, la scelta del colore e il numero delle copie. In alcuni casi sono conservate anche le lastre. E' presente una miscellanea dove sono confluiti quegli esemplari di difficile catalogazione o pervenuti successivamente alla stesura del primo inventario. Molti i manifesti sono in pessime condizioni, alcuni arrotolati, numerosi piegati in quattro e spediti da vari luoghi all’UDI nazionale, con francobolli e timbri postali. Circa 300 manifesti sono stati restaurati a spese e cura dell’Istituto nazionale per la grafica. Raramente sono riportati luogo e data, mentre molto risalto è assegnato al nome della oratrice. La data della stampa appare, a volte, accanto al nome della tipografia. La difficoltà nella individuazione degli elementi identificativi ha indotto a catalogare i manifesti secondo una suddivisione per temi. Qando possibile, in presenza di una data, si è rispettato l’ordine cronologico e/o il periodo corrispondente alle iniziative dell’Associazione. Laddove possibile, sono state collegate le schede dei manifesti alla documentazione pertinente. Negli anni ’50 e parte degli anni ’60 la pratica del manifesto, dalla carta sottile come una velina che la colla faceva diventare simile al cartone una volta affisso al muro, era utilizzata anche dall’UDI al pari degli partiti. I manifesti dell’Associazione presentano una novità: sono fatti da donne che si rivolgono ad altre donne. Uno dei primi conservati, in carta quasi trasparente color rosa a caratteri neri, risale all’aprile 1944 e riporta un appello delle donne dell’Italia del Sud liberato “alle sorelle e ai fratelli” dell’Italia del Nord ancora occupato. Un altro, uno dei primi del dopoguerra, raffigura una giovane donna che avanza in abito scuro fino alla caviglia, i sandali ai piedi, la sciarpa tricolore al collo, sullo sfondo di macerie. È questa un’immagine che si ritrova nella produzione di manifesti del movimento operaio belga, francese e dell’URSS. Le fotografie sono di volti femminili sereni, materni, bonari, fiduciosi, visi rassicuranti per un Paese appena uscito dalla tragedia della guerra. Quasi sempre le donne tengono in braccio un bambino biondo e paffuto. Le scritte si riferiscono sempre ai figli, alla famiglia, alla pace, a una vita migliore, da ciò si evidenzia la considerazione che famiglia e donna sono realtà inscindibili. La vita interna dell’Organizzazione, è illustrata attraverso i manifesti di congressi e assemblee, dalle feste per il tesseramento, la pubblicità per la rivista Noi donne, la ricorrenza dell’8 Marzo, festa internazionale della donna. Per tutti gli anni ’60, una particolare attenzione è rivolta all’infanzia (il ritorno a scuola, ospitalità di bambini di famiglie in difficoltà da parte di famiglie emiliane), alle ragazze soprattutto tramite le pratiche sportive (l’Unione Ragazze Italiane in seguito cambiò nome in Associazione per evitare non graditi diminutivi), alle amiche delle miniere come erano chiamate le mogli dei minatori in sciopero chiusi nelle miniere, alle caterinette, ovvero le lavoranti delle sartorie (figura presente in molti film del neorealismo), alle lavoranti a domicilio, che speravano di aver trovato il modo di conciliare le esigenze della famiglia con l’attività lavorativa. Le parole dedicate all’occupazione sembrano presentare il lavoro come mezzo di per sé essenziale per l’emancipazione, in quanto liberazione dalla dipendenza economica. In seguito il linguaggio diviene più specifico della vita femminile, sempre però indivisibile dalla famiglia. Si parla di servizi sociali, asili-nido, consultori, diritto di famiglia. L’Organizzazione prosegue la partecipazione indiretta alla vita politica del Paese, invitando le donne per le elezioni a votare per i partiti democratici e vengono prodotti numerosi manifesti su questi temi. Negli anni ’70 si parla di divorzio e aborto in occasione dei referendum. In questi anni sembra divenire sempre più importante che i manifesti siano firmati non soltanto dall’UDI, ma anche da partiti, sindacati, organizzazioni femminili che si richiamano all’arco costituzionale. Il gusto del cartellone muta, la tecnica della comunicazione si affina, le frasi e la singola parola non sono estranee alle novità del mondo circostante. Ma è solo dopo gli anni ’80, quando non sono più eludibili i mutamenti socio-politico-culturali che producono radicali trasformazioni, né l’affacciarsi sul palcoscenico del mondo femminile, a volte in modo violento, sempre provocatorio, delle teorie femministe, che anche la visibilità dell’UDI tramite la comunicazione grafica murale, trova strade nuove, nuove modalità di espressione. Il lessico non è più rassicurante. Non si parla più di emancipazione per, ma di liberazione da. Diventa sofisticata la scelta del tipo di carta (in genere lucida), del colore, della parola. Il manifesto della donna alla donna non deve più convincere e persuadere a fare qualcosa, ma deve incitare. La nuova modalità di comunicazione è ben espressa dalle frasi "usciamo dalle case" e dall’ormai storica "io sono mia" del nuovo movimento femminista. Espressioni del rifiuto della donna-oggetto nuda, della maliarda e capricciosa della pubblicità commerciale e dello spettacolo. La sezione conserva circa 3.000 foto, nella quasi totalità in bianco e nero, che si riferiscono a momenti della vita a livello nazionale e locale dell’Associazione. La memoria orale delle conservatrici ha permesso l’identificazione di persone, la certezza dei luoghi e della data dell’avvenimento. Per il momento si è proceduto alla liberazione delle foto dagli involucri di plastica che hanno deteriorato alcuni esemplari ma non sono stati rintracciati negativi.
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dc:date
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ha conservatore
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ha date complesso archivistico
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ha estensione date...esso archivistico
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ha statusProvenienza
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abstract
| - La sezione consta approssimativamente di 1.203 esemplari prodotti dall’UDI dal 1944 agli anni Novanta. I manifesti sono pervenuti soprattutto da enti locali e sindacati in occasione dell’8 marzo, da organismi femminili e femministi dal 1980 al 1992. Per 48 manifesti sono stati rintracciati i bozzetti con lo studio preparatorio alla stampa, con l’indicazione delle misure dello scritto, della fotografia, la scelta del colore e il numero delle copie. In alcuni casi sono conservate anche le lastre. E' presente una miscellanea dove sono confluiti quegli esemplari di difficile catalogazione o pervenuti successivamente alla stesura del primo inventario. Molti i manifesti sono in pessime condizioni, alcuni arrotolati, numerosi piegati in quattro e spediti da vari luoghi all’UDI nazionale, con francobolli e timbri postali. Circa 300 manifesti sono stati restaurati a spese e cura dell’Istituto nazionale per la grafica. Raramente sono riportati luogo e data, mentre molto risalto è assegnato al nome della oratrice. La data della stampa appare, a volte, accanto al nome della tipografia. La difficoltà nella individuazione degli elementi identificativi ha indotto a catalogare i manifesti secondo una suddivisione per temi. Qando possibile, in presenza di una data, si è rispettato l’ordine cronologico e/o il periodo corrispondente alle iniziative dell’Associazione. Laddove possibile, sono state collegate le schede dei manifesti alla documentazione pertinente. Negli anni ’50 e parte degli anni ’60 la pratica del manifesto, dalla carta sottile come una velina che la colla faceva diventare simile al cartone una volta affisso al muro, era utilizzata anche dall’UDI al pari degli partiti. I manifesti dell’Associazione presentano una novità: sono fatti da donne che si rivolgono ad altre donne. Uno dei primi conservati, in carta quasi trasparente color rosa a caratteri neri, risale all’aprile 1944 e riporta un appello delle donne dell’Italia del Sud liberato “alle sorelle e ai fratelli” dell’Italia del Nord ancora occupato. Un altro, uno dei primi del dopoguerra, raffigura una giovane donna che avanza in abito scuro fino alla caviglia, i sandali ai piedi, la sciarpa tricolore al collo, sullo sfondo di macerie. È questa un’immagine che si ritrova nella produzione di manifesti del movimento operaio belga, francese e dell’URSS. Le fotografie sono di volti femminili sereni, materni, bonari, fiduciosi, visi rassicuranti per un Paese appena uscito dalla tragedia della guerra. Quasi sempre le donne tengono in braccio un bambino biondo e paffuto. Le scritte si riferiscono sempre ai figli, alla famiglia, alla pace, a una vita migliore, da ciò si evidenzia la considerazione che famiglia e donna sono realtà inscindibili. La vita interna dell’Organizzazione, è illustrata attraverso i manifesti di congressi e assemblee, dalle feste per il tesseramento, la pubblicità per la rivista Noi donne, la ricorrenza dell’8 Marzo, festa internazionale della donna. Per tutti gli anni ’60, una particolare attenzione è rivolta all’infanzia (il ritorno a scuola, ospitalità di bambini di famiglie in difficoltà da parte di famiglie emiliane), alle ragazze soprattutto tramite le pratiche sportive (l’Unione Ragazze Italiane in seguito cambiò nome in Associazione per evitare non graditi diminutivi), alle amiche delle miniere come erano chiamate le mogli dei minatori in sciopero chiusi nelle miniere, alle caterinette, ovvero le lavoranti delle sartorie (figura presente in molti film del neorealismo), alle lavoranti a domicilio, che speravano di aver trovato il modo di conciliare le esigenze della famiglia con l’attività lavorativa. Le parole dedicate all’occupazione sembrano presentare il lavoro come mezzo di per sé essenziale per l’emancipazione, in quanto liberazione dalla dipendenza economica. In seguito il linguaggio diviene più specifico della vita femminile, sempre però indivisibile dalla famiglia. Si parla di servizi sociali, asili-nido, consultori, diritto di famiglia. L’Organizzazione prosegue la partecipazione indiretta alla vita politica del Paese, invitando le donne per le elezioni a votare per i partiti democratici e vengono prodotti numerosi manifesti su questi temi. Negli anni ’70 si parla di divorzio e aborto in occasione dei referendum. In questi anni sembra divenire sempre più importante che i manifesti siano firmati non soltanto dall’UDI, ma anche da partiti, sindacati, organizzazioni femminili che si richiamano all’arco costituzionale. Il gusto del cartellone muta, la tecnica della comunicazione si affina, le frasi e la singola parola non sono estranee alle novità del mondo circostante. Ma è solo dopo gli anni ’80, quando non sono più eludibili i mutamenti socio-politico-culturali che producono radicali trasformazioni, né l’affacciarsi sul palcoscenico del mondo femminile, a volte in modo violento, sempre provocatorio, delle teorie femministe, che anche la visibilità dell’UDI tramite la comunicazione grafica murale, trova strade nuove, nuove modalità di espressione. Il lessico non è più rassicurante. Non si parla più di emancipazione per, ma di liberazione da. Diventa sofisticata la scelta del tipo di carta (in genere lucida), del colore, della parola. Il manifesto della donna alla donna non deve più convincere e persuadere a fare qualcosa, ma deve incitare. La nuova modalità di comunicazione è ben espressa dalle frasi "usciamo dalle case" e dall’ormai storica "io sono mia" del nuovo movimento femminista. Espressioni del rifiuto della donna-oggetto nuda, della maliarda e capricciosa della pubblicità commerciale e dello spettacolo. La sezione conserva circa 3.000 foto, nella quasi totalità in bianco e nero, che si riferiscono a momenti della vita a livello nazionale e locale dell’Associazione. La memoria orale delle conservatrici ha permesso l’identificazione di persone, la certezza dei luoghi e della data dell’avvenimento. Per il momento si è proceduto alla liberazione delle foto dagli involucri di plastica che hanno deteriorato alcuni esemplari ma non sono stati rintracciati negativi.
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scheda provenienza href
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scheda SAN
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ha livelloSuperiore
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consistenza
| - 1.203 esemplari, n. 3 lastre e 3.000 foto
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oad:extentAndMedium
| - 1.203 esemplari, n. 3 lastre e 3.000 foto
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forma autorizzata complesso archivistico
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record provenienza id
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sistema provenienza
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tipologia complesso
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is è conservatore di
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