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  • Archivio di Stato di Napoli
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  • Archivio di Stato di Napoli
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  • Notizie sull'esistenza di un archivio regio si hanno dall'epoca sveva: nel titolo V. libro II, delle Costituzioni melfitane si fa riferimento all'Archivum ed ai monumenta publica Curiae [De exhibendis malefactoribus et suspectis: si ordina al maestro di giustizia della Magna curia di trascrivere e custodire gli atti " in archivio nostrae curiae, ut quoties de alicuius fama... fuerit forte tractatum, non tam per probationes extrinsecas,... quam per monumenta publica Curiae nostrae probatio efficax et delucida possit assumi " (Constitutiones regum regni utriusque Siciliae mandante Friderico II imperatore per Petrum de Vinea... Concinnate..., Napoli 1786, pp. 119-120)] Si sa inoltre, per lo stesso periodo, che nel castello del Salvatore in Napoli (Castel dell'Ovo), così come nel real palazzo in Palermo, si custodivano i quaterni feudorum et actorum Curiae, collectae generalis et clericarum [J. L. A. HUILLARD-BREHOLLES, Historia diplomatica Friderici II, t. V, Parigi 1852, p. 470] mentre da un diploma del 3 febbraio 1272, di Carlo I d'Angiò, risulta che fu disposto il trasferimento in Napoli delle scritture conservate nei castelli di Canosa e di Lucera [Reg. Ang. 1274 B, n. 19 (distrutto), f. 145]. Della cancelleria sveva però non giunse ai nostri tempi altro che un frammento di registro, in copia, degli anni 1239-1240, andato purtroppo distrutto nell'ultima guerra [Nel Museo dell'AS Napoli se ne conserva una riproduzione fotografica; la trascrizione, fedele all'ultima impaginazione, fu fatta da C. Carcani nel 1786, in appendice all'edizione delle costituzioni del regno. Una raccolta di documenti degli anni 1230-1248 è conservata altresì in Marsiglia (Excerpta Massiliensia): cfr. P. COLLIVA, Ricerche sul principio di legalità nell'amministrazione del regno di Sicilia al tempo di Federico II, Milano 1964, pp. 66 e seguenti], luoghi: in Trani, Bari, Melfi; nella torre di S. Erasmo presso Capua; in Castelcapuano e in Castel dell'Ovo in Napoli. Nei registri angioini ricorreva frequentemente notizia di spostamenti, al seguito del sovrano, di registri di cancelleria. Alla fine del sec. XIII l'Archivio in Napoli può dirsi costituito con sede nel palazzo Fieschi, già di Pier delle Vigne, alla Sellaria; nell'agosto 1294 passò nel palazzo della curia regia "iuxta astracum quod dicitur de mari prope petram piscium Neapolis", per ritornare, nel novembre dello stesso anno, nel palazzo Fieschi. Durante il regno di Roberto si ebbero due trasferimenti: uno nel 1325 nelle case vulcano a Porta Petruccia (oggi via Medina), l'altro nel palazzo di somma, di fronte alla chiesa di S. Agostino; nello stesso edificio fu sistemata la zecca regia, così che da quel momento l'Archivio fu comunemente denominato, dalla sede, Archivio della regia zecca. Il primo regolamento, di cui si ha notizia, è del 26 marzo 1347, al tempo di Giovanna I [Cfr. N. BARONE, Lezioni di archivistica, Napoli 1914, ove si sono attinte le notizie riportate e le citazioni di fonti]. Sarebbe lungo seguire, attraverso i secoli, le innovazioni e le vicissitudini dell'Archivio del regno dal periodo aragonese alle soglie del sec. XIX. Non mancarono, con le riforme delle istituzioni, ripercussioni sulla struttura e sulle sistemazioni dell'Archivio: non mancarono altresì danni e distruzioni: nel 1336 per le intemperie, nel 1346 per i tumulti scoppiati dalla morte di Andrea d'Ungheria, nel sec. XVI e nei secoli successivi per tumulti, guerre e calamità naturali. La creazione però di un vero e proprio Archivio generale in Napoli è dovuta a Gioacchino Murat, che, con i decreti del 22 dic. 1808,11 mar. 1810, 3 dic. 1811 e con il regolamento del 16 lu. 1812, ne dispose l'istituzione e regolò la struttura [Bullettino regno Napoli, 1808, n. 246: per riordinare e riunire in un medesimo locale gli antichi archivi del regno; ibid., 1810, n. 594: ordina un locale provvisorio per l'archivio generale, la classificazione delle carie che lo compongono e la tariffa de' diritti che gli appartengono; ibid., 1811, n. 1150: contenente un general sistema per la direzione degli archvi del regno; ibid., 1812, n. 1409: regolamento per la riunione di tutte le scritture appartenenti alle vecchie giurisdizioni della capitale e per la loro classificazione nell'Archivio generale] facendo confluire la maggior parte dei fondi in Castel Capuano, dove già il viceré don Pietro di Toledo, nel 1540, aveva riunito gli archivi della zecca e della Camera della Sommaria. L'enormità della mole delle scritture non rese però possibile il concentramento di tutto il patrimonio documentario in un solo edificio. Dopo la restaurazione, la legge organica del 12 nov. 1818 [Collezione regno Due sicilie, 1818, n. 1379] diede all'Archivio generale il nome di Grande Archivio del regno e ne dichiarò sezioni i tre archivi delle badie benedettine di Cava, Montevergine e Montecassino, rimasti nelle loro sedi, giusta quanto disposto dal decreto di soppressione del 13 febbr. 1807 [Bullettino regno Napoli, 1807, n. 36]. "Gli archivi esistenti nelle badie di Montecassino, Cava e Montevergine vi saranno conservati ed accresciuti: la custodia è affidata a venticinque religiosi, i quali, sotto la guida d'un direttore, cureranno di classificare ed ordinare i manoscritti e far conoscere ciò che possa interessare le arti, le scienze, e, particolarmente, la storia del regno, e per ciò, essi riceveranno oltre duemila ducati all'anno per le spese straordinarie". La legge del 1818, rimasta in vigore fino al 1875, fissò inoltre la divisione delle scritture in cinque sezioni: Diplomatica e politica, Amministrazione interna, Amministrazione finanziaria, Atti giudiziari, Guerra e marina. Confermò, inoltre, l'acquisizione allo Stato degli archivi delle tre badie benedettine, considerandoli sezioni del Grande Archivio di Napoli. L'insufficienza dei locali e il cattivo stato di conservazione delle scritture in Castel Capuano provocarono il rescritto del 25 apr. 1835, che destinò a sede del Grande Archivio l'edificio del soppresso monastero dei SS. Severino e Sossio al Pendino. Compiuti gli opportuni adattamenti, le scritture vi furono sistemate e, nel 1845, in occasione del congresso nazionale degli scienziati italiani, la nuova sede fu solennemente inaugurata. Con il regolamento archivistico del 1875 il nome di Grande Archivio del regno fu mutato in quello di Archivio di Stato di Napoli. Nel 1885 l'amministrazione militare cedette all'AS Napoli l'archivio militare di Pizzofalcone, con il relativo edificio, già sede dell'ufficio topografico. L'attuale complesso edilizio (monastero dei SS. Severino e Sossio, Archivio militare a Pizzofalcone, deposito di scritture al Divino Amore) si sviluppa per un totale di quattrocento sale, aule e corridoi, ricoprendo una superficie di circa 25.000 metri quadrati. Michele Baffi, nell'Introduzione al repertorio degli antichi atti governativi (Napoli 1852-1855, voll. 2) dette un primo saggio di guida del Grande Archivio del regno; ma spetta a Francesco Trinchera il merito di avere elaborato la prima vera guida organica del vasto complesso documentano - Degli archivi napolitani. Relazione a S. E. il Ministro della pubblica istruzione - pubblicata a Napoli nel 1872. La guida del Trinchera, suddivisa secondo la struttura dell'AS Napoli all'epoca, rispecchia in effetti la già ricordata partizione delle scritture, in cinque uffici, prevista dalla citata legge organica del 12 nov. 1818. ogni fondo è particolarmente descritto, con gli estremi cronologici e il numero delle unità relativi a ciascuna serie. Non mancano notizie sull'origine, sulla struttura e sull'evoluzione delle singole magistrature e, in determinati casi, anche degli avvenimenti che portarono alla nascita di particolari uffici. Nel volume Gli Archivi di Stato italiani, edito nel 1944 [Cfr. Archivi 1944, pp. 209-270. 2 Cfr. Ordinamento 1910, pp. 233-276] la voce Napoli presenta queste suddivisioni di fondi: scritture amministrate dalle sezioni (diplomatica, politica, amministrativa e finanziaria, giustizia, guerra e marina) e scritture dipendenti dalla direzione (museo storico-diplomatico e archivi gentilizi o privati). Purtroppo le serie elencate dal Trinchera e dalle guide sommarie del 1910 [Cfr. Ordinamento 1910, pp. 233-276] e 1944 hanno subito perdite nell'ultimo conflitto mondiale, in luoghi e momenti diversi. sulla sede centrale, vicina al porto, caddero bombe e spezzoni incendiari e, in seguito all'esplosione di una nave di munizioni, perfino lamiere infocate, che provocarono l'incendio e la totale distruzione dei depositi dell'ultimo piano di un'ala del fabbricato. Il bombardamento del 4 agosto 1943 semidistrusse l'edificio di Pizzofalcone e travolse nella rovina tutte le scritture. L'ultimo e più grave disastro si verificò nel deposito di sicurezza di villa Montesano nel Nolano, presso San Paolo Bel Sito, dove erano state trasportate le serie più preziose, quando non si supponeva che la guerra si sarebbe spostata sul territorio nazionale: nel settembre del 1943 le truppe tedesche in ritirata vi appiccarono il fuoco, che distrusse l'edificio e il suo prezioso contenuto. Ancor oggi è impossibile redigere un bilancio preciso delle perdite. Per un elenco generale approssimativo delle serie perdute si rimanda al Rapporto finale sugli Archivi della commissione alleata, e ai volumi delle Fonti di J. Mazzoleni. Gli archivisti napoletani non tardarono a reagire, nell'unica maniera positiva possibile, al disastro che aveva colpito il loro istituto: negli anni che immediatamente seguirono alla fine del conflitto intrapresero quell'opera di recupero che, condotta per decenni, ha permesso di ridare vita e organicità a serie ritenute irrimediabilmente perdute, di reperirne perfino di sconosciute, di raccogliere (e gradualmente pubblicare), da originali, copie, manoscritti, codici, fotografie, microfilm, pubblicazioni e fonti inedite, ciò che rimaneva dei documenti della cancelleria angioina, andata distrutta. Si è cercato di portare alla luce e di individuare scritture di ignota origine e natura accatastate su vecchie scaffalature o giacenti nei sotterranei. Si sono ritrovate serie citate dal Trinchera, e ritenute perdute, e perfino fondi di cui si ignorava l'esistenza, come il vero archivio della Segreteria d'azienda. Si è trattato di un lento e faticoso recupero del materiale documentario; dell'individuazione, fascicolo per fascicolo, e a volte foglio per foglio, dei fondi e della loro sistemazione definitiva, purtroppo spesso non più rispondente a quella che era stata la struttura precedente. L'attuale organizzazione degli uffici, come partizioni interne dell'Archivio di Stato di Napoli (e la corrispondente suddivisione delle scritture), si discosta da quella dei tempi del Trinchera, e delle guide generali del 1910 e 1944, di quel tanto che è stato imposto o dal verificarsi di particolari eventi, come la distruzione della Cancelleria angioina, che ha portato all'istituzione di un ufficio della ricostruzione angioina, o dall'evolversi della legislazione, con il conseguente, ampio accoglimento negli Archivi di Stato di archivi privati e gentilizi e di atti notarili: o infine dal progresso della tecnica applicata agli Archivi, che li ha arricchiti di una sezione di fotoriproduzione e di un laboratorio di legatoria e restauro.
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