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  • Partecipanza agraria di Nonantola
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  • Partecipanza agraria di Nonantola
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  • L'origine dei beni che costituiscono l'attuale Partecipanza agraria di Nonantola si fa comunemente risalire ad una concessione enfiteutica di una vasta estensione di terreno in quel territorio, fatta nel 1058 dall'Abate Gottescalco al popolo nonantolano. L'enfiteusi dava in godimento perpetuo terreno da bonificare e coltivare ai nonantolani e a tutti coloro che dai luoghi limitrofi avessero voluto appositamente trasferirvisi, con l'obbligo della residenza, della inalienabilità, del pagamento di un modesto canone e il diritto di pascolo e legnatico in altri "terreni comuni". Tuttavia dalla individuazione degli antichi confini della concessione risulta che questa interessava una zona notevolmente diversa da quella dell'attuale Partecipanza. <br />Fondamento più sicuro della istituzione dell'ente è la concessione enfiteutica ventinovennale dei tenimenti denominati la "Valle", fatta dall'Abate di Nonantola Galeazzo Pepoli nel 1442 al Comune e uomini di Nonantola e i loro successori e discendenti, in perpetuo, a cui si aggiunse la rinnovazione di tale enfiteusi del 1453 che si accrebbe di un nuovo livello anche per il bosco nonantolano. Tali beni concessi alla collettività nonantolana furono poi distribuiti periodicamente ai discendenti dei primi beneficiari che andarono a formare, all'interno della comunità, quello che è il nucleo degli odierni partecipanti. L'approdo all'ente attualmente esistente però non fu facile: nel corso dei secoli diverse furono le vicende che caratterizzarono la sua lenta costituzione come istituzione autonoma. Innanzi tutto nel 1481 ebbe inizio quello che viene definito il regime di Bocca Viva e di Bocca Morta, regime che doveva sopravvivere fino al 1916. Con un decreto del 10 aprile 1481 il duca di Ferrara e Modena, Ercole I, stabilì che le rendite ricavate dai terreni concessi in enfiteusi si dovessero ripartire in due parti uguali e l'una fosse assegnata a comodo ed utilità del così detto estimo fumante di Nonantola, e cioè agli abitanti del Comune che, oltre a partecipare delle terre concesse, erano proprietari di altre terre soggette ai pubblici oneri; l'altra dovesse essere distribuita "per testa", cioè personalmente, a favore di tutti gli individui maschi e femmine, maggiori di quattro anni, delle famiglie abitanti a Nonantola e che come unica ricchezza avevano il solo possesso, ma non la proprietà, dei terreni concessi in enfiteusi o di altri terreni. Vennero così a distinguersi due classi di utenti, la prima detta col tempo Bocca Morta, alla quale il diritto di utenza spettava in base all'estimo, la seconda di Bocca Viva, dove questo diritto era strettamente personale: si trattava comunque sempre di cittadini nonantolani. Col tempo però "i passaggi di proprietà fecero sì che i nuovi acquirenti, anche forestieri, pagando l'estimo, fossero ammessi a partecipare come Bocca Morta: sicché a poco a poco il diritto di partecipare in proporzione all'estimo fu considerato quasi un diritto inerente ad esso e congiunto al fondo cui si riferiva" (1); la classe di Bocca Morta quindi veniva ad essere costituita non solo da nonantolani ma anche da forestieri possidenti. Tutto questo accadeva contro il volere della comunità ma fu comunque ratificato nel 1536 da una sentenza del 24 maggio del Governatore di Modena, Battistino Strozza, che riconosceva ai cittadini modenesi, dunque forestieri, il loro diritto ad essere iscritti nel registro dell'estimo fumante accanto ai nonantolani e quindi a partecipare al riparto delle rendite come appartenenti alla classe di Bocca Morta, secondo il decreto del 1481. Nel frattempo, nel 1507, il Comune, che amministrava i beni partecipanti, al fine di facilitare la suddivisione delle entrate e delle rendite, creò cinquanta liste, dette Co', che compresero tutti i partecipanti; ogni lista aveva un suo capo (Capo Co') ed era costituita da pari numero di appartenenti alla classe di Bocca Viva e di Bocca Morta. Inoltre si cominciò ad assegnare annualmente ai partecipanti i prodotti dei prati e del bosco, mentre i terreni lavorativi venivano assegnati per un periodo di nove anni, ripartiti in cinquanta appezzamenti, ognuno dei quali era assegnato ad un Capo Co' che ne diveniva il diretto responsabile. Altro momento fondamentale fu la formazione di un elenco definitivo e chiuso di coloro che avevano diritto a partecipare di Bocca Viva: ormai infatti cominciavano a defluire nelle zone nonantolane, rese ormai in gran parte fertili, sempre nuovi abitanti che speravano di entrare nella cerchia dei partecipanti, i quali a loro volta si opposero. Affinché nessun nuovo forestiero potesse vantare diritti riservati agli originari del luogo venne costituito nel 1584 il "Ruolo dei partecipanti", cioè l'elenco degli aventi diritto in quanto discendenti dalle famiglie originarie a cui erano state fatte le concessioni enfiteutiche e in quanto rispettosi dell'incolato, cioè della residenza ininterrotta nei territori comunali; tale elenco fu fatto in base agli iscritti nel ruolo della tassa sul sale o boccatico. Si istituì quindi l'uso del Ruolo delle Bocche Vive nel quale venivano iscritti i discendenti delle famiglie accettate come utenti nel sec. XVI, di età maggiore ai quattro anni, residenti continuativamente a Nonantola e le donne costituenti il nucleo familiare, purché non sposate ad un non partecipante. Il diritto esclusivo di appartenere a questa classe di famiglie originarie di Nonantola venne poi riconosciuto da una sentenza del 1716 (2) e non fu mai più contestato. In tal modo i cittadini nonantolani e il nucleo dei partecipanti cominciarono ad essere due entità distinte: da qui la tendenza di questi ultimi e la necessità da loro sentita di avere una amministrazione separata, in quanto diversi erano i loro intenti e interessi. Ma è solo nel 1820, dopo circa tre secoli durante i quali non vi furono modifiche al sistema di gestione dei beni partecipanti, che Comune e Partecipanza, come insieme degli aventi diritto, separarono le loro amministrazioni, tenute in precedenza sempre da organi del Comune (3). Un decreto ducale del 7 dicembre 1820 istituì una rappresentanza di utenti che doveva amministrare unitamente ai consiglieri comunali. Una commissione di sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta, eletti dai Capi Co', costituì la rappresentanza della Partecipanza nel Consiglio Comunale che, unitamente a questo, formò il Collegio Amministrativo della Partecipanza. Fu nel 1856 che finalmente questa divenne un ente autonomo nettamente distinto dal Comune, conservando come unico legame con esso la persona del Sindaco come presidente dell'Amministrazione partecipante, primo organo sociale della Partecipanza, composto da sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta. Rimaneva comunque la suddivisione tra Bocca Viva e Bocca Morta, la quale, venendo a mancare la comunanza di interessi dei partecipanti tutti verso la conquista di una propria identità nei confronti del Comune, si acuì sempre più poiché entrambi tentavano di far prevalere in modo esclusivo la propria volontà contro i diritti degli altri e contro la consuetudine secolare, tanto che nel 1877 fu ordinato dal tribunale un sequestro giudiziario dei beni partecipanti per sedare le grosse questioni che dal 1872 si andavano componendo riguardo la costituzione dell'Amministrazione, gli ordinamenti e i metodi interni di gestire ed utilizzare i beni e i diritti delle due parti. Un sequestratario giudiziale si occupò dei beni partecipanti dal 1877 al 1891: in questo periodo, dato l'irregolare funzionamento dell'ente, si arrivò ad un totale dissesto economico e finanziario. <br />Dopo quindici anni di sequestro giudiziario, nel 1891 la sentenza della Regia Corte d'Appello del Tribunale di Modena (20-27 febbraio 1891) stabilì le nuove norme per l'elezione del Consiglio Amministrativo della Partecipanza, pienamente autonomo rispetto al Comune. Questo primo Consiglio restò in carica fino al 1894, anno in cui venne pubblicata la legge n. 397 del 4 agosto finalizzata a regolamentare i domini collettivi: le Partecipanze agrarie vennero finalmente considerate Enti morali aventi personalità giuridica "il cui patrimonio doveva essere perpetuamente salvaguardato per il raggiungimento di uno scopo di grande utilità sociale" (4). In virtù di questa legge, nel 1896 il Governo incaricò il Regio Commissario dott. Umberto Rossi di gestire l'Ente e di predisporre il nuovo Regolamento, approvato dall'assemblea generale dei partecipanti (8 settembre 1896), che stabiliva la nascita dei nuovi organi amministrativi, il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e la Giunta Esecutiva. Tale Regolamento subì numerose modifiche da parte della Giunta Provinciale Amministrativa di Modena, deputata ad approvarlo in via definitiva. La causa giudiziaria durò tre anni e soltanto il 3 settembre del 1899 il Regolamento del 1896 entrò in vigore. <br />Rimaneva però aperto il contrasto tra la classe di Bocca Viva e la classe di Bocca Morta. Le parole del Regio Commissario Umberto Rossi bene esprimono il significato della questione: "I mali da cui è travagliata la istituzione hanno radice nella coesistenza delle due classi di utenti, la Bocca Viva e la Bocca Morta, le quali avendo obiettivi e mire diverse in ordine alla amministrazione e al godimento dei beni perché diversa è l'indole e il modo di esplicazione dei diritti rispettivi, si trovano in contrasti permanenti" (5). Il problema che venne definitivamente risolto nel 1915 con un referendum (28 marzo) in cui i partecipanti tutti decisero di procedere ad un acquisto o affrancazione delle Bocche Morte "nell'interesse esclusivo dei Partecipanti di Bocca Viva" e nel rispetto dello spirito della legge n. 397 del 1894, che riordinando la materia dei domini collettivi si era proposta di favorire le classi meno abbienti. <br />Per raggiungere lo scopo fu stipulato da parte dei partecipanti di Bocca Viva un mutuo bancario col Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di Bologna (6) che, insieme alla vendita di immobili di proprietà della Partecipanza (l'ex albergo della Posta, il fabbricato ex caserma con stallaggio, il fabbricato pretorio con annesso orto e cortile e Casa Sertorio anch'essa con orti e cortili), permise il riscatto dei diritti di Bocca Morta (l'affrancazione avvenne il 7 aprile 1916), affermandosi così il principio dell'assegnazione "per testa", indipendentemente dalla condizione economica. <br />Un ulteriore atto di rilievo nella storia della Partecipanza si ebbe nel 1961. Il 23 luglio di quell'anno, dopo una causa avviata nel 1955 ed una difficile trattativa, l'ente ottenne di poter affrancarsi dall'antico canone enfiteutico stabilito nel lontano 1442 che doveva pagare ancora ogni anno all'Abbazia, e che era stato adeguato ai tempi, raggiungendo la sua piena autonomia.<br />Nel decennio successivo gli amministratori della Partecipanza si dedicarono allo studio delle innovazioni necessarie per una conduzione del tenimento più moderna e soprattutto più produttiva: gli aspetti sui quali si voleva intervenire erano la durata del periodo del riparto, che dal 1507 era novennale e che ora si voleva portare a 18 anni, ed il numero dei Co', che da 50 si voleva ridurre a 25 per raddoppiare la superficie dei capi di terreno nei quali era suddiviso il tenimento. Fu così che nella seduta dell'assemblea generale dei partecipanti dell'8 dicembre 1971 vennero deliberate le modifiche statutarie che recepivano quelle istanze.<br />L'ultima modifica statutaria venne introdotta nel 1982: nei giorni 20 e 21 giugno di quell'anno, l'assemblea generale dei partecipanti venne convocata per esprimersi sulla questione del riconoscimento del diritto di voto alle donne partecipanti discendenti direttamente dalle antiche famiglie originarie. L'esito fu positivo malgrado il 20% di voti contrari. <br /><br />Note:<br />(1) C. Frassoldati, Le Partecipanze Agrarie Emiliane, Padova 1936, p. 60.<br />(2) Di tale sentenza si ha notizia esclusivamente dalla bibliografia. <br />(3) Nel 1800, mentre Nonantola era aggregata al Comune di Crevalcore, i partecipanti ottennero una loro deputazione per la gestione e amministrazione dei beni di Partecipanza che fu però soppressa già nel 1807, ritornando sotto il Comune. <br />(4) R. Venturoli, La Partecipanza Agraria di Nonantola. Storia e documenti, Nonantola, 2004, p. 69.<br />(5) U. Rossi, Proposte per una convenzione tra la Bocca Viva e la Bocca Morta, Modena, 1896, p. 5. <br />(6) Tale mutuo di £ 400.000 fu estinto nel 1966.
dc:date
  • [1058] -
ha date esistenza
ha statusProvenienza
abstract
  • L'origine dei beni che costituiscono l'attuale Partecipanza agraria di Nonantola si fa comunemente risalire ad una concessione enfiteutica di una vasta estensione di terreno in quel territorio, fatta nel 1058 dall'Abate Gottescalco al popolo nonantolano. L'enfiteusi dava in godimento perpetuo terreno da bonificare e coltivare ai nonantolani e a tutti coloro che dai luoghi limitrofi avessero voluto appositamente trasferirvisi, con l'obbligo della residenza, della inalienabilità, del pagamento di un modesto canone e il diritto di pascolo e legnatico in altri "terreni comuni". Tuttavia dalla individuazione degli antichi confini della concessione risulta che questa interessava una zona notevolmente diversa da quella dell'attuale Partecipanza. <br />Fondamento più sicuro della istituzione dell'ente è la concessione enfiteutica ventinovennale dei tenimenti denominati la "Valle", fatta dall'Abate di Nonantola Galeazzo Pepoli nel 1442 al Comune e uomini di Nonantola e i loro successori e discendenti, in perpetuo, a cui si aggiunse la rinnovazione di tale enfiteusi del 1453 che si accrebbe di un nuovo livello anche per il bosco nonantolano. Tali beni concessi alla collettività nonantolana furono poi distribuiti periodicamente ai discendenti dei primi beneficiari che andarono a formare, all'interno della comunità, quello che è il nucleo degli odierni partecipanti. L'approdo all'ente attualmente esistente però non fu facile: nel corso dei secoli diverse furono le vicende che caratterizzarono la sua lenta costituzione come istituzione autonoma. Innanzi tutto nel 1481 ebbe inizio quello che viene definito il regime di Bocca Viva e di Bocca Morta, regime che doveva sopravvivere fino al 1916. Con un decreto del 10 aprile 1481 il duca di Ferrara e Modena, Ercole I, stabilì che le rendite ricavate dai terreni concessi in enfiteusi si dovessero ripartire in due parti uguali e l'una fosse assegnata a comodo ed utilità del così detto estimo fumante di Nonantola, e cioè agli abitanti del Comune che, oltre a partecipare delle terre concesse, erano proprietari di altre terre soggette ai pubblici oneri; l'altra dovesse essere distribuita "per testa", cioè personalmente, a favore di tutti gli individui maschi e femmine, maggiori di quattro anni, delle famiglie abitanti a Nonantola e che come unica ricchezza avevano il solo possesso, ma non la proprietà, dei terreni concessi in enfiteusi o di altri terreni. Vennero così a distinguersi due classi di utenti, la prima detta col tempo Bocca Morta, alla quale il diritto di utenza spettava in base all'estimo, la seconda di Bocca Viva, dove questo diritto era strettamente personale: si trattava comunque sempre di cittadini nonantolani. Col tempo però "i passaggi di proprietà fecero sì che i nuovi acquirenti, anche forestieri, pagando l'estimo, fossero ammessi a partecipare come Bocca Morta: sicché a poco a poco il diritto di partecipare in proporzione all'estimo fu considerato quasi un diritto inerente ad esso e congiunto al fondo cui si riferiva" (1); la classe di Bocca Morta quindi veniva ad essere costituita non solo da nonantolani ma anche da forestieri possidenti. Tutto questo accadeva contro il volere della comunità ma fu comunque ratificato nel 1536 da una sentenza del 24 maggio del Governatore di Modena, Battistino Strozza, che riconosceva ai cittadini modenesi, dunque forestieri, il loro diritto ad essere iscritti nel registro dell'estimo fumante accanto ai nonantolani e quindi a partecipare al riparto delle rendite come appartenenti alla classe di Bocca Morta, secondo il decreto del 1481. Nel frattempo, nel 1507, il Comune, che amministrava i beni partecipanti, al fine di facilitare la suddivisione delle entrate e delle rendite, creò cinquanta liste, dette Co', che compresero tutti i partecipanti; ogni lista aveva un suo capo (Capo Co') ed era costituita da pari numero di appartenenti alla classe di Bocca Viva e di Bocca Morta. Inoltre si cominciò ad assegnare annualmente ai partecipanti i prodotti dei prati e del bosco, mentre i terreni lavorativi venivano assegnati per un periodo di nove anni, ripartiti in cinquanta appezzamenti, ognuno dei quali era assegnato ad un Capo Co' che ne diveniva il diretto responsabile. Altro momento fondamentale fu la formazione di un elenco definitivo e chiuso di coloro che avevano diritto a partecipare di Bocca Viva: ormai infatti cominciavano a defluire nelle zone nonantolane, rese ormai in gran parte fertili, sempre nuovi abitanti che speravano di entrare nella cerchia dei partecipanti, i quali a loro volta si opposero. Affinché nessun nuovo forestiero potesse vantare diritti riservati agli originari del luogo venne costituito nel 1584 il "Ruolo dei partecipanti", cioè l'elenco degli aventi diritto in quanto discendenti dalle famiglie originarie a cui erano state fatte le concessioni enfiteutiche e in quanto rispettosi dell'incolato, cioè della residenza ininterrotta nei territori comunali; tale elenco fu fatto in base agli iscritti nel ruolo della tassa sul sale o boccatico. Si istituì quindi l'uso del Ruolo delle Bocche Vive nel quale venivano iscritti i discendenti delle famiglie accettate come utenti nel sec. XVI, di età maggiore ai quattro anni, residenti continuativamente a Nonantola e le donne costituenti il nucleo familiare, purché non sposate ad un non partecipante. Il diritto esclusivo di appartenere a questa classe di famiglie originarie di Nonantola venne poi riconosciuto da una sentenza del 1716 (2) e non fu mai più contestato. In tal modo i cittadini nonantolani e il nucleo dei partecipanti cominciarono ad essere due entità distinte: da qui la tendenza di questi ultimi e la necessità da loro sentita di avere una amministrazione separata, in quanto diversi erano i loro intenti e interessi. Ma è solo nel 1820, dopo circa tre secoli durante i quali non vi furono modifiche al sistema di gestione dei beni partecipanti, che Comune e Partecipanza, come insieme degli aventi diritto, separarono le loro amministrazioni, tenute in precedenza sempre da organi del Comune (3). Un decreto ducale del 7 dicembre 1820 istituì una rappresentanza di utenti che doveva amministrare unitamente ai consiglieri comunali. Una commissione di sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta, eletti dai Capi Co', costituì la rappresentanza della Partecipanza nel Consiglio Comunale che, unitamente a questo, formò il Collegio Amministrativo della Partecipanza. Fu nel 1856 che finalmente questa divenne un ente autonomo nettamente distinto dal Comune, conservando come unico legame con esso la persona del Sindaco come presidente dell'Amministrazione partecipante, primo organo sociale della Partecipanza, composto da sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta. Rimaneva comunque la suddivisione tra Bocca Viva e Bocca Morta, la quale, venendo a mancare la comunanza di interessi dei partecipanti tutti verso la conquista di una propria identità nei confronti del Comune, si acuì sempre più poiché entrambi tentavano di far prevalere in modo esclusivo la propria volontà contro i diritti degli altri e contro la consuetudine secolare, tanto che nel 1877 fu ordinato dal tribunale un sequestro giudiziario dei beni partecipanti per sedare le grosse questioni che dal 1872 si andavano componendo riguardo la costituzione dell'Amministrazione, gli ordinamenti e i metodi interni di gestire ed utilizzare i beni e i diritti delle due parti. Un sequestratario giudiziale si occupò dei beni partecipanti dal 1877 al 1891: in questo periodo, dato l'irregolare funzionamento dell'ente, si arrivò ad un totale dissesto economico e finanziario. <br />Dopo quindici anni di sequestro giudiziario, nel 1891 la sentenza della Regia Corte d'Appello del Tribunale di Modena (20-27 febbraio 1891) stabilì le nuove norme per l'elezione del Consiglio Amministrativo della Partecipanza, pienamente autonomo rispetto al Comune. Questo primo Consiglio restò in carica fino al 1894, anno in cui venne pubblicata la legge n. 397 del 4 agosto finalizzata a regolamentare i domini collettivi: le Partecipanze agrarie vennero finalmente considerate Enti morali aventi personalità giuridica "il cui patrimonio doveva essere perpetuamente salvaguardato per il raggiungimento di uno scopo di grande utilità sociale" (4). In virtù di questa legge, nel 1896 il Governo incaricò il Regio Commissario dott. Umberto Rossi di gestire l'Ente e di predisporre il nuovo Regolamento, approvato dall'assemblea generale dei partecipanti (8 settembre 1896), che stabiliva la nascita dei nuovi organi amministrativi, il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e la Giunta Esecutiva. Tale Regolamento subì numerose modifiche da parte della Giunta Provinciale Amministrativa di Modena, deputata ad approvarlo in via definitiva. La causa giudiziaria durò tre anni e soltanto il 3 settembre del 1899 il Regolamento del 1896 entrò in vigore. <br />Rimaneva però aperto il contrasto tra la classe di Bocca Viva e la classe di Bocca Morta. Le parole del Regio Commissario Umberto Rossi bene esprimono il significato della questione: "I mali da cui è travagliata la istituzione hanno radice nella coesistenza delle due classi di utenti, la Bocca Viva e la Bocca Morta, le quali avendo obiettivi e mire diverse in ordine alla amministrazione e al godimento dei beni perché diversa è l'indole e il modo di esplicazione dei diritti rispettivi, si trovano in contrasti permanenti" (5). Il problema che venne definitivamente risolto nel 1915 con un referendum (28 marzo) in cui i partecipanti tutti decisero di procedere ad un acquisto o affrancazione delle Bocche Morte "nell'interesse esclusivo dei Partecipanti di Bocca Viva" e nel rispetto dello spirito della legge n. 397 del 1894, che riordinando la materia dei domini collettivi si era proposta di favorire le classi meno abbienti. <br />Per raggiungere lo scopo fu stipulato da parte dei partecipanti di Bocca Viva un mutuo bancario col Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di Bologna (6) che, insieme alla vendita di immobili di proprietà della Partecipanza (l'ex albergo della Posta, il fabbricato ex caserma con stallaggio, il fabbricato pretorio con annesso orto e cortile e Casa Sertorio anch'essa con orti e cortili), permise il riscatto dei diritti di Bocca Morta (l'affrancazione avvenne il 7 aprile 1916), affermandosi così il principio dell'assegnazione "per testa", indipendentemente dalla condizione economica. <br />Un ulteriore atto di rilievo nella storia della Partecipanza si ebbe nel 1961. Il 23 luglio di quell'anno, dopo una causa avviata nel 1955 ed una difficile trattativa, l'ente ottenne di poter affrancarsi dall'antico canone enfiteutico stabilito nel lontano 1442 che doveva pagare ancora ogni anno all'Abbazia, e che era stato adeguato ai tempi, raggiungendo la sua piena autonomia.<br />Nel decennio successivo gli amministratori della Partecipanza si dedicarono allo studio delle innovazioni necessarie per una conduzione del tenimento più moderna e soprattutto più produttiva: gli aspetti sui quali si voleva intervenire erano la durata del periodo del riparto, che dal 1507 era novennale e che ora si voleva portare a 18 anni, ed il numero dei Co', che da 50 si voleva ridurre a 25 per raddoppiare la superficie dei capi di terreno nei quali era suddiviso il tenimento. Fu così che nella seduta dell'assemblea generale dei partecipanti dell'8 dicembre 1971 vennero deliberate le modifiche statutarie che recepivano quelle istanze.<br />L'ultima modifica statutaria venne introdotta nel 1982: nei giorni 20 e 21 giugno di quell'anno, l'assemblea generale dei partecipanti venne convocata per esprimersi sulla questione del riconoscimento del diritto di voto alle donne partecipanti discendenti direttamente dalle antiche famiglie originarie. L'esito fu positivo malgrado il 20% di voti contrari. <br /><br />Note:<br />(1) C. Frassoldati, Le Partecipanze Agrarie Emiliane, Padova 1936, p. 60.<br />(2) Di tale sentenza si ha notizia esclusivamente dalla bibliografia. <br />(3) Nel 1800, mentre Nonantola era aggregata al Comune di Crevalcore, i partecipanti ottennero una loro deputazione per la gestione e amministrazione dei beni di Partecipanza che fu però soppressa già nel 1807, ritornando sotto il Comune. <br />(4) R. Venturoli, La Partecipanza Agraria di Nonantola. Storia e documenti, Nonantola, 2004, p. 69.<br />(5) U. Rossi, Proposte per una convenzione tra la Bocca Viva e la Bocca Morta, Modena, 1896, p. 5. <br />(6) Tale mutuo di £ 400.000 fu estinto nel 1966.
scheda provenienza href
scheda SAN
ha luogoProduttore
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ha luogo Sede
è produttore di
forma autorizzata produttore
  • Partecipanza agraria di Nonantola
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  • Partecipanza agraria di Nonantola
record provenienza id
  • IT-ER-IBC-SP00001-0001219
sistema provenienza
  • IT-ER-IBC
dc:coverage
  • Nonantola
is ha produttore of
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