rdf:type
| |
rdfs:label
| |
dc:title
| |
dc:description
| - <em>Nascita della Provincia (1859-1865)</em><br />In seguito all'invasione di una porzione degli stati estensi da parte delle truppe sarde, il duca Francesco V d'Austria-Este si allontana da Modena l'11 giugno 1859 lasciando una reggenza costituita dal conte Giovanni Galvani, Giuseppe Coppi, Pietro Gandini e da Tommaso Borsari e presieduta dal ministro dell'interno Luigi Giacobazzi. Il 13 giugno 1859 la Reggenza si scioglie a causa dei tumulti sollevati dalla popolazione, che proclama decaduto il vecchio Comune ed inaugura un nuovo Municipio, costituito da Pietro Muratori, Egidio Boni, Emilio Nardi, Giuseppe Tirelli e Giovanni Montanari. Il giorno seguente arriva a Modena un commissario provvisorio di S.M. sarda per le province modenesi, l'esule modenese Luigi Zini. <br />Il governo di Zini dura solo 5 giorni: dal 14 al 19 giugno, ma in quei pochi giorni pubblica molti decreti per il riordinamento della situazione modenese. <br />Il 15 giugno 1859 il luogotenente di S.M. il principe Eugenio di Savoia Carignano firma i decreti con cui viene inviato a Modena un governatore in nome e per conto del regno sardo e sono costituite le Intendenze generali. Il 19 giugno giunge a Modena Luigi Carlo Farini, in qualità di governatore, che nel giro di 9 mesi prepara il terreno per l'annessione al regno del Piemonte; contestualmente sono istituite le Intendenze. Il primo Intendente generale fu Domenico Micono (dal 20 giugno).<br />Il 28 luglio, dopo l'armistizio di Villafranca, Farini rinuncia alla carica di governatore per assumere quella di dittatore delle province modenesi. Intanto all'Assemblea nazionale delle province modenesi (agosto 1859) i deputati dichiarano di mantenere l'unione al regno monarchico-costituzionale della Casa di Savoia; in attesa dell'effettiva unione il potere legislativo ed esecutivo è esercitato da Farini. <br />Il governo Farini adotta la legge Rattazzi con un decreto del 27 dicembre 1859 determinandone l'entrata in vigore dal 1 gennaio 1860.<br />Il Decreto Rattazzi, o Legge Rattazzi, era stato emesso il 23 ottobre 1859 dal Ministro dell'Interno del Regno di Sardegna Urbano Rattazzi (Regio Decreto 3702): esso ridisegnava radicalmente la geografia amministrativa dell'intero stato sabaudo, grazie ai poteri concessi temporaneamente al governo (governo La Marmora, 19 luglio 1859 - 21 gennaio 1860) a causa dello stato di guerra e definiva con esattezza l'amministrazione locale del Regno di Sardegna che, sul modello francese, era stato suddiviso in province, circondari, mandamenti e comuni. Le antiche province del Regno, di limitata estensione, erano ridotte a circondari, riuniti nelle nuove province spesso coincidenti con le Divisioni o Governi del Regno sabaudo. Ogni provincia era guidata da un Governatore (poi rinominato col Regio Decreto n. 250 del 9 ottobre 1861, Prefetto), nominato dal re, coadiuvato da un vice-governatore, diretti dipendenti del Ministro dell'Interno, con un consiglio provinciale eletto dal governo, che fungeva da giudice amministrativo. <br />Con la legge 27 dicembre 1859 Farini completa l'opera di frazionamento territoriale della provincia modenese e demanda ai consigli provinciali la facoltà di proporre modificazioni al frazionamento stabilito. I ricorsi presentati si riferiscono a combinazioni di circoscrizione comunale o di mandamento o di circondario. <br />I circondari in provincia di Modena erano 4: Modena, Mirandola, Pavullo, Castelnovo di Garfagnana. A capo dei circondari di Mirandola, Pavullo e Castelnovo c'è l'intendente di circondario, mentre l'intendente generale di tutta la provincia ha sede a Modena. <br />I mandamenti sono: Camporgiano, Carpi, Castelfranco, Castelnovo, Concordia, Fanano, Formigine, Gallicano, Guiglia, Lama, Minucciano, Mirandola, Modena, Montefiorino, Montese, Nonantola, Pavullo, Pievepelago, S. Felice, Sassuolo, Sestola, Vignola, Zocca. <br />Il 5 febbraio 1860 si svolgono le elezioni amministrative e in base ai risultati di queste elezioni si tiene una pubblica seduta per la proclamazione del risultato (Archivio storico provinciale - d'ora in poi APMO, Carteggio amministrativo, b. 52 del 1863, prot. n. 1101): <br />"Modena questo giorno 4 marzo 1860 ore 12 meridiane. A tenore dell'avviso diramato al pubblico nel giorno 1 del corrente mese dovendosi da questo illustrissimo signor Intendente generale tener pubblica seduta per la proclamazione del risultato delle elezioni de' consiglieri provinciali soggetti a questa Intendenza, alle ore 12 meridiane in punto è stata aperta la porta della residenza del signor Intendente e fatta facoltà a chiunque d'entrarvi.<br />Introdotte le persone che stavano ad attendere in anticamera, il lodato signor Intendente ha dichiarato aperta la seduta, alla quale si trovavano presenti oltre gl'intervenuti il consigliere d'Intendenza signor avvocato Luigi Berti, il segretario di 1° classe signor avvocato Cesare Piani, il sottoscritto segretario capo ed i testimoni signori Vincenzo del fu signor Giuseppe Sgarbi e Giuseppe fu Natale Saetti entrambi impiegati di questa Intendenza.<br />Indi in esecuzione dell'art. 224 div. V della legge sarda sull'ordinamento provinciale e comunale e l'art. 4 del decreto governativo 27 dicembre 1859 con cui la legge stessa fu mandata pubblicare fra noi, l'illustrissimo signor Intendente ha preso ad esaminare i verbali d'elezione che furongli trasmessi dai presidenti dei diversi collegii elettorali della provincia e prima quelli della città e comuni di Modena, poi quelli di circondari di Mirandola, Pavullo e Garfagnana. Richiamate le leggi governative 27 dicembre 1859 e 13 gennaio anno corrente, la prima delle quali determina le distrettuazioni provinciali e la seconda il numero dei consiglieri assegnati a ciascun comune e visto che sono assegnati al <br />Mandamento di Modena consiglieri n. 4....<br />Il prelodato signor Intendente generale sentenziando ha proclamato e proclama a consiglieri provinciali<br />Per Modena i signori - Carbonieri avvocato Luigi<br /> - Bosellini avvocato Luigi<br /> - Beneventi avvocato Giuseppe<br /> - Muratori avvocato Pietro<br /> - Biagi avvocato Gallicano<br /> - Levesque ingegner Pietro<br /> - Malmusi avvocato Carlo ....."<br />L'11 e 12 marzo si tiene il plebiscito per l'annessione al regno sabaudo, il 25 marzo le consultazioni politiche generali e in agosto il rinnovo del quinto del Consiglio comunale. I requisiti necessari per eleggere ed essere eletti sono: aver compiuto 20 anni, saper leggere e scrivere, godere dei diritti civili, e pagare al Comune annualmente per imposte dirette almeno 20 lire e praticare determinate professioni o possedere particolari titoli di capacità. <br />Il primo Intendente generale di Modena è Domenico Micono, che resta in carica pochi mesi (20 giugno 1859-settembre 1859)<br />I successori di Micono nell'incarico di Intendente generale/Prefetto, per il periodo che ci interessa, sono:<br />Luigi Zini (settembre 1859-aprile 1860), già commissario provvisorio,<br />Annibale Ranuzzi (maggio 1860-luglio 1861), <br />Michele Amari (settembre 1861-giugno 1862) - dal novembre 1861 prefetto -,<br />Antonio Bellati (12 luglio 1862-settembre 1864),<br />Emilio Viani d'Ovrano (1864-1867).<br />La prima seduta straordinaria del Consiglio provinciale si svolge il 21 marzo 1860; i consiglieri sono 58 radunati in una sala dell'Intendenza generale per l'elezione delle cariche e della Deputazione provinciale. L'Intendente generale Luigi Zini, per legge investito di tutti i poteri conferiti ai governatori, dichiara aperta la seduta in nome del re Vittorio Emanuele II. Le sedute si tengono fino al giugno 1860 presso una sala dell'Intendenza generale, cioè l'attuale sede dell'Archivio di Stato in corso Cavour. Dal settembre 1860 le sedute si svolgeranno nell'aula magna dell'Università. <br />Sotto la presidenza del consigliere avvocato Gaetano Parenti sono eletti i deputati (art. 164 del R.D. 3702 del 23 ottobre 1859, Legge Rattazzi), in numero di 8: Mediani, Magiera, Rampalli, Beneventi, Leveque, Parenti come deputati ordinari e Magelli e Boni come deputati supplenti. <br />Con decreto del 25 dicembre 1860 sono eliminati i consiglieri del mandamento di Castelfranco e del circondario della Garfagnana a causa del distacco del territorio di Castelfranco, assorbito dalla Provincia di Bologna, e della Garfagnana unita alla Toscana; sono invece aggiunti i consiglieri di Finale, per il passaggio di questo Comune dalla Provincia di Ferrara a quella modenese. <br />In base all'art. 165 della legge Rattazzi il Consiglio delibera: <br />- sulla creazione di stabilimenti pubblici provinciali<br />- sui contratti d'acquisto, le accettazioni di doni o lasciti<br />- sugli affari concernenti il patrimonio della Provincia<br />- sulle azioni da intentare o sostenere in giudizio<br />- sulle spese relative agli edifici diocesani<br />- sui sussidi da accordarsi ai Consorzi e ai Comuni per opere utili o necessarie e per l'istruzione pubblica<br />- sul bilancio della Deputazione<br />- sullo storno dei fondi da una ad un'altra categoria od articolo e l'applicazione dei residui<br />In base all'art. 166 si stabilisce che in caso di mancanza di fondi si sarebbe supplito con sovraimposta alle contribuzioni dirette.<br />La Provincia di Modena infatti, come ente di recente istituzione, non è fornita di fondi: pertanto nella seduta del 14 settembre 1860 la Commissione per il bilancio riferisce di essersi rivolta al Ministero dell'Interno affinchè siano assegnati alle Province i fondi e le rendite per il bilancio attivo: "Le Provincie antiche del Regno e non poche fra quelle di nuova aggregazione hanno un patrimonio o hanno rendite proprie colle quali far fronte alle spese menzionate dalla legge 23 ottobre 1859, migliorando così con queste la condizione provinciale sia con istituti di beneficenza sia con stabilimenti di industria o altro. La Provincia di Modena non ha alcun patrimonio, e dovendo provvedere al miglioramento morale, istruttivo, caritatevole o materiale del proprio Circondario converrà quindi che appesantisca esclusivamente sulla classe degli imponibili, colle quali imposizioni farà scapitare la istituzione dell'ente provinciale, perchè o le imposte saranno gravi e produrranno quell'effetto che ognuno sa, massimamente in questo tempo in cui gli aggravi coattivi tanti se ne veggono aggiunti per amore o convenienza nazionale, o saranno miti e siccome la Provincia non potrà vedere risultati splendidi nella creazione o ne' miglioramenti delle proprie istituzioni, così il pubblico non troverà nell'amministrazione provinciale quel profitto di che si era lusingato....".<br />Il Ministero risponde che le Province non devono avere un patrimonio proprio, dovendo anche le antiche Province del Regno che possiedono dei beni propri liquidarli ed erogarli entro il 1870 in erezione di stabilimenti e di istituti di pubblica utilità. Il Consiglio propone di rinnovare l'istanza al Ministero per ottenere qualche assegno di rendite alla Provincia levandolo dal patrimonio camerale estense.<br />Le Province di antica istituzione erano quelle del Regno sabaudo, delle Romagne e del Lombardo. Nello stato estense precedentemente al 1814 erano stati avocati alla nazione dei beni che appartenevano al Comune e questi beni continuavano a formare elemento del patrimonio demaniale sia sotto la dominazione francese che sotto il governo di Francesco IV e V. Dopo il 1814 le imposte erano state assorbite dal governo e dai comuni.<br />Il Consiglio provinciale esercita sugli istituti di carità le attribuzioni affidategli dalle leggi e dà parere sui cambiamenti proposti alla circoscrizione della provincia, dei circondari, dei mandamenti e dei comuni, sulla classificazione delle strade nazionali, sullo stabilimento dei consorzi, delle fiere e mercati.<br />In seno al Consiglio vengono costituite delle commissioni ad hoc per trattare i vari affari, poichè manca ancora una dotazione organica. Infatti non esistono ancora gli uffici e ancora per qualche anno non viene affrontato il problema della struttura organizzativa della Provincia. Sono i due organi, Consiglio e Deputazione, che operano deliberando e la Deputazione agendo concretamente. <br />La Deputazione provinciale è composta dall'Intendente che la convoca e la presiede e dai membri eletti dal Consiglio provinciale. Essa rappresenta il Consiglio nell'intervallo delle sue riunioni. Provvede all'esecuzione delle delibere prese dal Consiglio provinciale, prepara il bilancio, sottopone al Consiglio le proposte utili alla Provincia, stipula i contratti, in caso d'urgenza stende gli atti riservati al Consiglio.<br />I singoli membri della Deputazione agiscono come veri amministratori e, nel caso di affari o questioni più complesse, come già detto, vengono istituite delle Commissioni ad hoc. Infatti, in base all'art. 9 del R.D. 3702 presso i Governatori (o nel nostro caso) Intendenti ci sono impiegati di segreteria, una parte dei quali devono essere applicati al Consiglio e alla Deputazione provinciali.<br />Le sessioni del Consiglio normalmente si svolgono una volta all'anno nel mese di settembre e occupano varie sedute; nell'ultima seduta viene eletta la Deputazione. Occasionalmente l'Intendente può convocare anche delle sessioni straordinarie per trattare temi particolari. <br />Funzione principale della Provincia alle origini è la tutela nei confronti dei comuni e delle opere pie. Infatti in base all'art. 172 la Deputazione "esercita verso i Comuni le attribuzioni che le sono dalle leggi demandate", quali il controllo sulle deliberazioni comunali concernenti l'acquisto o alienazione di immobili, l'accettazione o rifiuto di lasciti o doni, le delimitazioni dei beni e territori comunali, l'amministrazione dei beni comunali, le azioni da intentarsi ecc. <br />Fino al 1863 la Provincia non pensa di dotarsi di una sua sede; nella seduta straordinaria del 3 febbraio 1863 è messa ai voti la mozione per l'acquisto del palazzo posto sul Terraglio al n. 6 (attuale viale Martiri della Libertà 34), palazzo che era stato voluto dal duca Francesco IV come sede di un caffè lungo la passeggiata delle mura e il cui progetto era stato affidato al celebre architetto Cesare Costa. Caduto il governo estense l'edificio, di proprietà demaniale, era stato messo all'asta dal Governo. Ai sensi della legge 793 del 21 agosto 1862 art. 4 la vendita dei beni demaniali si effettua a trattativa privata solo dopo che sia stata effettuata una gara pubblica. In aprile la Deputazione scrive al Ministero delle Finanze relativamente alla domanda fatta dalla Provincia per l'acquisto del palazzo di viale Martiri. In dicembre si svolge l'incanto e in gennaio 1864 il consigliere Magiera, incaricato di occuparsi dell'acquisto, può riferire di avere pagato un quinto del prezzo d'acquisto. In totale il palazzo è costato alla Provincia £. 97000. <br />Il 20 marzo 1865 esce la legge comunale e provinciale n. 2248 detta anche legge Lanza, con la quale alla Provincia vengono attribuite nuove funzioni, tra cui il provvedere all'istruzione secondaria e tecnica, al mantenimento dei mentecatti poveri, alle pensioni per gli allievi delle scuole normali, alle strade provinciali e ai lavori intorno ai fiumi e torrenti, alla conservazione dei monumenti e degli archivi provinciali, alla determinazione del piano faunistico. <br />La legge prevede anche che la Provincia assuma degli impiegati da scegliere tra quelli governativi, perciò nella seduta straordinaria del 26 giugno 1865 viene approvata la pianta organica necessaria ai bisogni dell'ente: due segretari, uno dei quali contabile, un sottosegretario, un protocollista che sia anche archivista e indicista, tre applicati e due portieri. Si decide anche per l'impianto di un ufficio tecnico, in vista della classificazione di alcune strade come provinciali. <br />Il 6 dicembre 1865 vengono scelti gli 8 impiegati del Ministero dell'Interno che sarebbero stati assunti dalla Provincia:<br />Segretario amministrativo avv. Cesare Solieri<br />Segretario contabile rag. Gaetano Generali <br />Sottosegretario Carlo Montani<br />Protocollista Giuseppe Saetti<br />3 applicati Francesco Mergoni<br /> Antonio Crispi<br /> Filippo Gambarelli<br />Portiere Antonio Barozzi<br />Nella seduta ordinaria del 22 novembre 1865 il Consiglio approva il trasferimento degli uffici di Prefettura nel palazzo provinciale, anzichè prendere in affitto dal demanio i locali al momento occupati dalla Prefettura stessa, poichè secondo l'art. 174 della legge Lanza tra le spese obbligatorie rientrano quelle per l'alloggio e mobilia dei prefetti.<br /><em></em><br /><em>La Provincia come entità separata dallo Stato (1888-1920)</em><br />La Provincia di fine Ottocento, che dal 1888 vede riconosciuta la propria autonomia con l'allargamento del suffragio elettorale e l'introduzione dell'elezione diretta del Sindaco del Comune e del Presidente della Provincia, deve fare i conti con un nuovo provvedimento: l'istituzione della Giunta Provinciale Amministrativa (G.P.A.), presieduta dal Prefetto, che assolverà i compiti di controllo sulla legittimità dell'operato delle pubbliche amministrazioni, rafforzando così nel contempo il ruolo del potere centrale dello Stato (cfr. L. 30 dicembre 1888, n. 5865). Nonostante tutto, la Provincia diviene ora un ente distinto dall'apparato statale, con funzioni e servizi propri, sempre più radicato al territorio, come risulta dai nuovi interventi che cominciano a prospettarsi sul fronte dell'agricoltura, della gestione delle acque, dei trasporti e dell'istruzione.<br /><br /><em>La Provincia "dismessa" (1921-1943)</em><br />Il Consiglio provinciale eletto nel 1920 viene sciolto nella primavera del 1921 e, al suo posto, dall'11 aprile 1921 al dicembre 1922, viene istituita una Commissione reale presieduta dal viceprefetto Giovanni Trincas.<br />Successivamente, a partire dal 1922, viene eletto un nuovo Consiglio provinciale che resterà in carica fino all'inizio dell'estate del 1927 quando, in applicazione del D.R. 30 giugno 1927, il Consiglio provinciale verrà sostituito da una Commissione straordinaria composta da sei membri e presieduta dall'onorevole Marco Arturo Vicini. Tuttavia, alla fine del 1928 anche la Commissione straordinaria viene sospesa; con la L. 27 dicembre 1928, n. 2962, vengono aboliti i tradizionali organi di governo (Consiglio, Deputazione e suo presidente) e la Provincia viene affidata ad un Rettorato - insediamento il 28 aprile 1929 con Marco Arturo Vicini in qualità di Preside - del quale fanno parte sette rettori di nomina governativa.<br />Questa parabola istituzionale, fatta di istituzioni non più elettive e di breve durata, denuncia la sostanziale inversione di tendenza di un percorso avviato nei decenni precedenti.<br />L'abolizione dei tradizionali organi di governo - Consiglio, Deputazione, Presidente - con la L. 27 dicembre 1928 n.2962, i sistematici tagli ai bilanci, la soppressione di alcune istituzioni di rilievo e la nascita di nuovi enti pubblici con funzioni concorrenziali a quelle provinciali (Azienda delle strade, Opera nazionale maternità e infanzia, Opera nazionale orfani di guerra e altre istituzioni) testimoniano la progressiva compressione esercitata dal Regime sull'ente Provincia, ridotta ad organo di decentramento statale, costretta tra l'altro ad accollarsi spese da cui si era a poco a poco emancipata (es. spese per le caserme, arredi e alloggi del prefetto).<br />Il primo Rettorato insediato nel 1929 scade nel 1933 e subito dopo, con decreto del 6 giugno 1933, viene istituito il secondo, presieduto da Clodo Feltri e caratterizzato dal ricambio totale dei suoi componenti. Nel 1936, il trasferimento del Preside ad altri incarichi determina lo scioglimento del nuovo Rettorato, la nomina di un Commissario prefettizio (Domenico Morelli) - in carica 4 mesi - e, dal 1937 il succedersi di ulteriori due rettorati: il primo presieduto dal marchese Paolo Casati Rollieri, fino al 1941 e il secondo, presieduto da Paolo Solmi dal 1941 al 1943.<br />In questi anni, nonostante il dissesto finanziario e lo svuotamento di funzioni, la Provincia continua comunque ad esercitare le proprie funzioni e rivolge la propria attività nei campi della viabilità (rete stradale e ferroviaria), dei servizi assistenziali e dell'edilizia scolastica (costruzione degli istituti Barozzi e Tassoni).<br /><br /><em>La Provincia del secondo dopoguerra</em><br />La Provincia del secondo dopoguerra, che la Costituzione prevede quale ente autonomo, espressione di specifiche forme di decentramento e autonomia locale, continua per un decennio a qualificarsi quale strumento dell'amministrazione indiretta dello Stato, espletando funzioni esclusivamente settoriali nell'ambito dell'istruzione pubblica, dell'assistenza e della beneficenza e della viabilità. Tuttavia, nonostante i limiti normativi, la Provincia di questo periodo intraprende percorsi nuovi, qualificando la propria attività nell'espletamento di funzioni facoltative e discrezionali a vantaggio delle comunità del territorio.<br />Negli anni Settanta, con la nascita delle Regioni, la Provincia assiste ad una ulteriore contrazione settoriale delle proprie funzioni, a seguito del decentramento orientato alle Comunità montane e ai Comprensori - "unità di base della programmazione economica e territoriale", così come li definiva la L.R. n. 12/1975 - e in relazione ad una normativa nazionale (D.P.R. 616/1977 e L. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale), che riduce alcune delle competenze provinciali tra cui quelle in ambito di sanità, servizi sociali e igiene ambientale.<br />Nel 2001 con l'approvazione parlamentare della modifica del Titolo V della Costituzione, anche la Provincia, insieme a Comuni, Città metropolitane e Regioni viene riconosciuta quale ente autonomo con proprio statuto, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
|
dc:date
| |
ha date esistenza
| |
ha statusProvenienza
| |
abstract
| - <em>Nascita della Provincia (1859-1865)</em><br />In seguito all'invasione di una porzione degli stati estensi da parte delle truppe sarde, il duca Francesco V d'Austria-Este si allontana da Modena l'11 giugno 1859 lasciando una reggenza costituita dal conte Giovanni Galvani, Giuseppe Coppi, Pietro Gandini e da Tommaso Borsari e presieduta dal ministro dell'interno Luigi Giacobazzi. Il 13 giugno 1859 la Reggenza si scioglie a causa dei tumulti sollevati dalla popolazione, che proclama decaduto il vecchio Comune ed inaugura un nuovo Municipio, costituito da Pietro Muratori, Egidio Boni, Emilio Nardi, Giuseppe Tirelli e Giovanni Montanari. Il giorno seguente arriva a Modena un commissario provvisorio di S.M. sarda per le province modenesi, l'esule modenese Luigi Zini. <br />Il governo di Zini dura solo 5 giorni: dal 14 al 19 giugno, ma in quei pochi giorni pubblica molti decreti per il riordinamento della situazione modenese. <br />Il 15 giugno 1859 il luogotenente di S.M. il principe Eugenio di Savoia Carignano firma i decreti con cui viene inviato a Modena un governatore in nome e per conto del regno sardo e sono costituite le Intendenze generali. Il 19 giugno giunge a Modena Luigi Carlo Farini, in qualità di governatore, che nel giro di 9 mesi prepara il terreno per l'annessione al regno del Piemonte; contestualmente sono istituite le Intendenze. Il primo Intendente generale fu Domenico Micono (dal 20 giugno).<br />Il 28 luglio, dopo l'armistizio di Villafranca, Farini rinuncia alla carica di governatore per assumere quella di dittatore delle province modenesi. Intanto all'Assemblea nazionale delle province modenesi (agosto 1859) i deputati dichiarano di mantenere l'unione al regno monarchico-costituzionale della Casa di Savoia; in attesa dell'effettiva unione il potere legislativo ed esecutivo è esercitato da Farini. <br />Il governo Farini adotta la legge Rattazzi con un decreto del 27 dicembre 1859 determinandone l'entrata in vigore dal 1 gennaio 1860.<br />Il Decreto Rattazzi, o Legge Rattazzi, era stato emesso il 23 ottobre 1859 dal Ministro dell'Interno del Regno di Sardegna Urbano Rattazzi (Regio Decreto 3702): esso ridisegnava radicalmente la geografia amministrativa dell'intero stato sabaudo, grazie ai poteri concessi temporaneamente al governo (governo La Marmora, 19 luglio 1859 - 21 gennaio 1860) a causa dello stato di guerra e definiva con esattezza l'amministrazione locale del Regno di Sardegna che, sul modello francese, era stato suddiviso in province, circondari, mandamenti e comuni. Le antiche province del Regno, di limitata estensione, erano ridotte a circondari, riuniti nelle nuove province spesso coincidenti con le Divisioni o Governi del Regno sabaudo. Ogni provincia era guidata da un Governatore (poi rinominato col Regio Decreto n. 250 del 9 ottobre 1861, Prefetto), nominato dal re, coadiuvato da un vice-governatore, diretti dipendenti del Ministro dell'Interno, con un consiglio provinciale eletto dal governo, che fungeva da giudice amministrativo. <br />Con la legge 27 dicembre 1859 Farini completa l'opera di frazionamento territoriale della provincia modenese e demanda ai consigli provinciali la facoltà di proporre modificazioni al frazionamento stabilito. I ricorsi presentati si riferiscono a combinazioni di circoscrizione comunale o di mandamento o di circondario. <br />I circondari in provincia di Modena erano 4: Modena, Mirandola, Pavullo, Castelnovo di Garfagnana. A capo dei circondari di Mirandola, Pavullo e Castelnovo c'è l'intendente di circondario, mentre l'intendente generale di tutta la provincia ha sede a Modena. <br />I mandamenti sono: Camporgiano, Carpi, Castelfranco, Castelnovo, Concordia, Fanano, Formigine, Gallicano, Guiglia, Lama, Minucciano, Mirandola, Modena, Montefiorino, Montese, Nonantola, Pavullo, Pievepelago, S. Felice, Sassuolo, Sestola, Vignola, Zocca. <br />Il 5 febbraio 1860 si svolgono le elezioni amministrative e in base ai risultati di queste elezioni si tiene una pubblica seduta per la proclamazione del risultato (Archivio storico provinciale - d'ora in poi APMO, Carteggio amministrativo, b. 52 del 1863, prot. n. 1101): <br />"Modena questo giorno 4 marzo 1860 ore 12 meridiane. A tenore dell'avviso diramato al pubblico nel giorno 1 del corrente mese dovendosi da questo illustrissimo signor Intendente generale tener pubblica seduta per la proclamazione del risultato delle elezioni de' consiglieri provinciali soggetti a questa Intendenza, alle ore 12 meridiane in punto è stata aperta la porta della residenza del signor Intendente e fatta facoltà a chiunque d'entrarvi.<br />Introdotte le persone che stavano ad attendere in anticamera, il lodato signor Intendente ha dichiarato aperta la seduta, alla quale si trovavano presenti oltre gl'intervenuti il consigliere d'Intendenza signor avvocato Luigi Berti, il segretario di 1° classe signor avvocato Cesare Piani, il sottoscritto segretario capo ed i testimoni signori Vincenzo del fu signor Giuseppe Sgarbi e Giuseppe fu Natale Saetti entrambi impiegati di questa Intendenza.<br />Indi in esecuzione dell'art. 224 div. V della legge sarda sull'ordinamento provinciale e comunale e l'art. 4 del decreto governativo 27 dicembre 1859 con cui la legge stessa fu mandata pubblicare fra noi, l'illustrissimo signor Intendente ha preso ad esaminare i verbali d'elezione che furongli trasmessi dai presidenti dei diversi collegii elettorali della provincia e prima quelli della città e comuni di Modena, poi quelli di circondari di Mirandola, Pavullo e Garfagnana. Richiamate le leggi governative 27 dicembre 1859 e 13 gennaio anno corrente, la prima delle quali determina le distrettuazioni provinciali e la seconda il numero dei consiglieri assegnati a ciascun comune e visto che sono assegnati al <br />Mandamento di Modena consiglieri n. 4....<br />Il prelodato signor Intendente generale sentenziando ha proclamato e proclama a consiglieri provinciali<br />Per Modena i signori - Carbonieri avvocato Luigi<br /> - Bosellini avvocato Luigi<br /> - Beneventi avvocato Giuseppe<br /> - Muratori avvocato Pietro<br /> - Biagi avvocato Gallicano<br /> - Levesque ingegner Pietro<br /> - Malmusi avvocato Carlo ....."<br />L'11 e 12 marzo si tiene il plebiscito per l'annessione al regno sabaudo, il 25 marzo le consultazioni politiche generali e in agosto il rinnovo del quinto del Consiglio comunale. I requisiti necessari per eleggere ed essere eletti sono: aver compiuto 20 anni, saper leggere e scrivere, godere dei diritti civili, e pagare al Comune annualmente per imposte dirette almeno 20 lire e praticare determinate professioni o possedere particolari titoli di capacità. <br />Il primo Intendente generale di Modena è Domenico Micono, che resta in carica pochi mesi (20 giugno 1859-settembre 1859)<br />I successori di Micono nell'incarico di Intendente generale/Prefetto, per il periodo che ci interessa, sono:<br />Luigi Zini (settembre 1859-aprile 1860), già commissario provvisorio,<br />Annibale Ranuzzi (maggio 1860-luglio 1861), <br />Michele Amari (settembre 1861-giugno 1862) - dal novembre 1861 prefetto -,<br />Antonio Bellati (12 luglio 1862-settembre 1864),<br />Emilio Viani d'Ovrano (1864-1867).<br />La prima seduta straordinaria del Consiglio provinciale si svolge il 21 marzo 1860; i consiglieri sono 58 radunati in una sala dell'Intendenza generale per l'elezione delle cariche e della Deputazione provinciale. L'Intendente generale Luigi Zini, per legge investito di tutti i poteri conferiti ai governatori, dichiara aperta la seduta in nome del re Vittorio Emanuele II. Le sedute si tengono fino al giugno 1860 presso una sala dell'Intendenza generale, cioè l'attuale sede dell'Archivio di Stato in corso Cavour. Dal settembre 1860 le sedute si svolgeranno nell'aula magna dell'Università. <br />Sotto la presidenza del consigliere avvocato Gaetano Parenti sono eletti i deputati (art. 164 del R.D. 3702 del 23 ottobre 1859, Legge Rattazzi), in numero di 8: Mediani, Magiera, Rampalli, Beneventi, Leveque, Parenti come deputati ordinari e Magelli e Boni come deputati supplenti. <br />Con decreto del 25 dicembre 1860 sono eliminati i consiglieri del mandamento di Castelfranco e del circondario della Garfagnana a causa del distacco del territorio di Castelfranco, assorbito dalla Provincia di Bologna, e della Garfagnana unita alla Toscana; sono invece aggiunti i consiglieri di Finale, per il passaggio di questo Comune dalla Provincia di Ferrara a quella modenese. <br />In base all'art. 165 della legge Rattazzi il Consiglio delibera: <br />- sulla creazione di stabilimenti pubblici provinciali<br />- sui contratti d'acquisto, le accettazioni di doni o lasciti<br />- sugli affari concernenti il patrimonio della Provincia<br />- sulle azioni da intentare o sostenere in giudizio<br />- sulle spese relative agli edifici diocesani<br />- sui sussidi da accordarsi ai Consorzi e ai Comuni per opere utili o necessarie e per l'istruzione pubblica<br />- sul bilancio della Deputazione<br />- sullo storno dei fondi da una ad un'altra categoria od articolo e l'applicazione dei residui<br />In base all'art. 166 si stabilisce che in caso di mancanza di fondi si sarebbe supplito con sovraimposta alle contribuzioni dirette.<br />La Provincia di Modena infatti, come ente di recente istituzione, non è fornita di fondi: pertanto nella seduta del 14 settembre 1860 la Commissione per il bilancio riferisce di essersi rivolta al Ministero dell'Interno affinchè siano assegnati alle Province i fondi e le rendite per il bilancio attivo: "Le Provincie antiche del Regno e non poche fra quelle di nuova aggregazione hanno un patrimonio o hanno rendite proprie colle quali far fronte alle spese menzionate dalla legge 23 ottobre 1859, migliorando così con queste la condizione provinciale sia con istituti di beneficenza sia con stabilimenti di industria o altro. La Provincia di Modena non ha alcun patrimonio, e dovendo provvedere al miglioramento morale, istruttivo, caritatevole o materiale del proprio Circondario converrà quindi che appesantisca esclusivamente sulla classe degli imponibili, colle quali imposizioni farà scapitare la istituzione dell'ente provinciale, perchè o le imposte saranno gravi e produrranno quell'effetto che ognuno sa, massimamente in questo tempo in cui gli aggravi coattivi tanti se ne veggono aggiunti per amore o convenienza nazionale, o saranno miti e siccome la Provincia non potrà vedere risultati splendidi nella creazione o ne' miglioramenti delle proprie istituzioni, così il pubblico non troverà nell'amministrazione provinciale quel profitto di che si era lusingato....".<br />Il Ministero risponde che le Province non devono avere un patrimonio proprio, dovendo anche le antiche Province del Regno che possiedono dei beni propri liquidarli ed erogarli entro il 1870 in erezione di stabilimenti e di istituti di pubblica utilità. Il Consiglio propone di rinnovare l'istanza al Ministero per ottenere qualche assegno di rendite alla Provincia levandolo dal patrimonio camerale estense.<br />Le Province di antica istituzione erano quelle del Regno sabaudo, delle Romagne e del Lombardo. Nello stato estense precedentemente al 1814 erano stati avocati alla nazione dei beni che appartenevano al Comune e questi beni continuavano a formare elemento del patrimonio demaniale sia sotto la dominazione francese che sotto il governo di Francesco IV e V. Dopo il 1814 le imposte erano state assorbite dal governo e dai comuni.<br />Il Consiglio provinciale esercita sugli istituti di carità le attribuzioni affidategli dalle leggi e dà parere sui cambiamenti proposti alla circoscrizione della provincia, dei circondari, dei mandamenti e dei comuni, sulla classificazione delle strade nazionali, sullo stabilimento dei consorzi, delle fiere e mercati.<br />In seno al Consiglio vengono costituite delle commissioni ad hoc per trattare i vari affari, poichè manca ancora una dotazione organica. Infatti non esistono ancora gli uffici e ancora per qualche anno non viene affrontato il problema della struttura organizzativa della Provincia. Sono i due organi, Consiglio e Deputazione, che operano deliberando e la Deputazione agendo concretamente. <br />La Deputazione provinciale è composta dall'Intendente che la convoca e la presiede e dai membri eletti dal Consiglio provinciale. Essa rappresenta il Consiglio nell'intervallo delle sue riunioni. Provvede all'esecuzione delle delibere prese dal Consiglio provinciale, prepara il bilancio, sottopone al Consiglio le proposte utili alla Provincia, stipula i contratti, in caso d'urgenza stende gli atti riservati al Consiglio.<br />I singoli membri della Deputazione agiscono come veri amministratori e, nel caso di affari o questioni più complesse, come già detto, vengono istituite delle Commissioni ad hoc. Infatti, in base all'art. 9 del R.D. 3702 presso i Governatori (o nel nostro caso) Intendenti ci sono impiegati di segreteria, una parte dei quali devono essere applicati al Consiglio e alla Deputazione provinciali.<br />Le sessioni del Consiglio normalmente si svolgono una volta all'anno nel mese di settembre e occupano varie sedute; nell'ultima seduta viene eletta la Deputazione. Occasionalmente l'Intendente può convocare anche delle sessioni straordinarie per trattare temi particolari. <br />Funzione principale della Provincia alle origini è la tutela nei confronti dei comuni e delle opere pie. Infatti in base all'art. 172 la Deputazione "esercita verso i Comuni le attribuzioni che le sono dalle leggi demandate", quali il controllo sulle deliberazioni comunali concernenti l'acquisto o alienazione di immobili, l'accettazione o rifiuto di lasciti o doni, le delimitazioni dei beni e territori comunali, l'amministrazione dei beni comunali, le azioni da intentarsi ecc. <br />Fino al 1863 la Provincia non pensa di dotarsi di una sua sede; nella seduta straordinaria del 3 febbraio 1863 è messa ai voti la mozione per l'acquisto del palazzo posto sul Terraglio al n. 6 (attuale viale Martiri della Libertà 34), palazzo che era stato voluto dal duca Francesco IV come sede di un caffè lungo la passeggiata delle mura e il cui progetto era stato affidato al celebre architetto Cesare Costa. Caduto il governo estense l'edificio, di proprietà demaniale, era stato messo all'asta dal Governo. Ai sensi della legge 793 del 21 agosto 1862 art. 4 la vendita dei beni demaniali si effettua a trattativa privata solo dopo che sia stata effettuata una gara pubblica. In aprile la Deputazione scrive al Ministero delle Finanze relativamente alla domanda fatta dalla Provincia per l'acquisto del palazzo di viale Martiri. In dicembre si svolge l'incanto e in gennaio 1864 il consigliere Magiera, incaricato di occuparsi dell'acquisto, può riferire di avere pagato un quinto del prezzo d'acquisto. In totale il palazzo è costato alla Provincia £. 97000. <br />Il 20 marzo 1865 esce la legge comunale e provinciale n. 2248 detta anche legge Lanza, con la quale alla Provincia vengono attribuite nuove funzioni, tra cui il provvedere all'istruzione secondaria e tecnica, al mantenimento dei mentecatti poveri, alle pensioni per gli allievi delle scuole normali, alle strade provinciali e ai lavori intorno ai fiumi e torrenti, alla conservazione dei monumenti e degli archivi provinciali, alla determinazione del piano faunistico. <br />La legge prevede anche che la Provincia assuma degli impiegati da scegliere tra quelli governativi, perciò nella seduta straordinaria del 26 giugno 1865 viene approvata la pianta organica necessaria ai bisogni dell'ente: due segretari, uno dei quali contabile, un sottosegretario, un protocollista che sia anche archivista e indicista, tre applicati e due portieri. Si decide anche per l'impianto di un ufficio tecnico, in vista della classificazione di alcune strade come provinciali. <br />Il 6 dicembre 1865 vengono scelti gli 8 impiegati del Ministero dell'Interno che sarebbero stati assunti dalla Provincia:<br />Segretario amministrativo avv. Cesare Solieri<br />Segretario contabile rag. Gaetano Generali <br />Sottosegretario Carlo Montani<br />Protocollista Giuseppe Saetti<br />3 applicati Francesco Mergoni<br /> Antonio Crispi<br /> Filippo Gambarelli<br />Portiere Antonio Barozzi<br />Nella seduta ordinaria del 22 novembre 1865 il Consiglio approva il trasferimento degli uffici di Prefettura nel palazzo provinciale, anzichè prendere in affitto dal demanio i locali al momento occupati dalla Prefettura stessa, poichè secondo l'art. 174 della legge Lanza tra le spese obbligatorie rientrano quelle per l'alloggio e mobilia dei prefetti.<br /><em></em><br /><em>La Provincia come entità separata dallo Stato (1888-1920)</em><br />La Provincia di fine Ottocento, che dal 1888 vede riconosciuta la propria autonomia con l'allargamento del suffragio elettorale e l'introduzione dell'elezione diretta del Sindaco del Comune e del Presidente della Provincia, deve fare i conti con un nuovo provvedimento: l'istituzione della Giunta Provinciale Amministrativa (G.P.A.), presieduta dal Prefetto, che assolverà i compiti di controllo sulla legittimità dell'operato delle pubbliche amministrazioni, rafforzando così nel contempo il ruolo del potere centrale dello Stato (cfr. L. 30 dicembre 1888, n. 5865). Nonostante tutto, la Provincia diviene ora un ente distinto dall'apparato statale, con funzioni e servizi propri, sempre più radicato al territorio, come risulta dai nuovi interventi che cominciano a prospettarsi sul fronte dell'agricoltura, della gestione delle acque, dei trasporti e dell'istruzione.<br /><br /><em>La Provincia "dismessa" (1921-1943)</em><br />Il Consiglio provinciale eletto nel 1920 viene sciolto nella primavera del 1921 e, al suo posto, dall'11 aprile 1921 al dicembre 1922, viene istituita una Commissione reale presieduta dal viceprefetto Giovanni Trincas.<br />Successivamente, a partire dal 1922, viene eletto un nuovo Consiglio provinciale che resterà in carica fino all'inizio dell'estate del 1927 quando, in applicazione del D.R. 30 giugno 1927, il Consiglio provinciale verrà sostituito da una Commissione straordinaria composta da sei membri e presieduta dall'onorevole Marco Arturo Vicini. Tuttavia, alla fine del 1928 anche la Commissione straordinaria viene sospesa; con la L. 27 dicembre 1928, n. 2962, vengono aboliti i tradizionali organi di governo (Consiglio, Deputazione e suo presidente) e la Provincia viene affidata ad un Rettorato - insediamento il 28 aprile 1929 con Marco Arturo Vicini in qualità di Preside - del quale fanno parte sette rettori di nomina governativa.<br />Questa parabola istituzionale, fatta di istituzioni non più elettive e di breve durata, denuncia la sostanziale inversione di tendenza di un percorso avviato nei decenni precedenti.<br />L'abolizione dei tradizionali organi di governo - Consiglio, Deputazione, Presidente - con la L. 27 dicembre 1928 n.2962, i sistematici tagli ai bilanci, la soppressione di alcune istituzioni di rilievo e la nascita di nuovi enti pubblici con funzioni concorrenziali a quelle provinciali (Azienda delle strade, Opera nazionale maternità e infanzia, Opera nazionale orfani di guerra e altre istituzioni) testimoniano la progressiva compressione esercitata dal Regime sull'ente Provincia, ridotta ad organo di decentramento statale, costretta tra l'altro ad accollarsi spese da cui si era a poco a poco emancipata (es. spese per le caserme, arredi e alloggi del prefetto).<br />Il primo Rettorato insediato nel 1929 scade nel 1933 e subito dopo, con decreto del 6 giugno 1933, viene istituito il secondo, presieduto da Clodo Feltri e caratterizzato dal ricambio totale dei suoi componenti. Nel 1936, il trasferimento del Preside ad altri incarichi determina lo scioglimento del nuovo Rettorato, la nomina di un Commissario prefettizio (Domenico Morelli) - in carica 4 mesi - e, dal 1937 il succedersi di ulteriori due rettorati: il primo presieduto dal marchese Paolo Casati Rollieri, fino al 1941 e il secondo, presieduto da Paolo Solmi dal 1941 al 1943.<br />In questi anni, nonostante il dissesto finanziario e lo svuotamento di funzioni, la Provincia continua comunque ad esercitare le proprie funzioni e rivolge la propria attività nei campi della viabilità (rete stradale e ferroviaria), dei servizi assistenziali e dell'edilizia scolastica (costruzione degli istituti Barozzi e Tassoni).<br /><br /><em>La Provincia del secondo dopoguerra</em><br />La Provincia del secondo dopoguerra, che la Costituzione prevede quale ente autonomo, espressione di specifiche forme di decentramento e autonomia locale, continua per un decennio a qualificarsi quale strumento dell'amministrazione indiretta dello Stato, espletando funzioni esclusivamente settoriali nell'ambito dell'istruzione pubblica, dell'assistenza e della beneficenza e della viabilità. Tuttavia, nonostante i limiti normativi, la Provincia di questo periodo intraprende percorsi nuovi, qualificando la propria attività nell'espletamento di funzioni facoltative e discrezionali a vantaggio delle comunità del territorio.<br />Negli anni Settanta, con la nascita delle Regioni, la Provincia assiste ad una ulteriore contrazione settoriale delle proprie funzioni, a seguito del decentramento orientato alle Comunità montane e ai Comprensori - "unità di base della programmazione economica e territoriale", così come li definiva la L.R. n. 12/1975 - e in relazione ad una normativa nazionale (D.P.R. 616/1977 e L. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale), che riduce alcune delle competenze provinciali tra cui quelle in ambito di sanità, servizi sociali e igiene ambientale.<br />Nel 2001 con l'approvazione parlamentare della modifica del Titolo V della Costituzione, anche la Provincia, insieme a Comuni, Città metropolitane e Regioni viene riconosciuta quale ente autonomo con proprio statuto, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
|
scheda provenienza href
| |
scheda SAN
| |
ha luogoProduttore
| |
eac-cpf:hasPlace
| |
ha luogo Sede
| |
è produttore di
| |
forma autorizzata produttore
| |
eac-cpf:authorizedForm
| |
record provenienza id
| - IT-ER-IBC-SP00001-0001014
|
sistema provenienza
| |
dc:coverage
| |
is ha produttore
of | |