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| - Il termine deriva dal greco paroikia, letteralmente "coloro che abitano intorno, vicinato"; fu utilizzato nella traduzione greca della Bibbia per indicare l'esilio degli ebrei in Babilonia (in senso religioso la parrocchia è dunque la condizione di esilio in cui i fedeli si trovano nella vita terrena). Nei primi secoli della cristianità la parrocchia era prevalentemente la comunità raccolta attorno ad un vescovo (quella che poi si chiamò "diocesi"). A partire dal XII-XIII secolo il termine entrò in uso per indicare la chiesa di cura d'anime, nelle sue varie accezioni: istituzionale (i fedeli che vivono in un determinato territorio), territoriale (l'ambito territoriale stesso), edilizia (l'edificio sacro cui fanno riferimento i fedeli che vivono in quel territorio). Giunse così ad affiancare prima e a soppiantare il termine pieve (plebs), che fino ad allora aveva analogamente indicato le chiese battesimali dipendenti dal vescovo e aventi la pienezza dei diritti di cura d'anime (celebrazione del battesimo e dei funerali, presenza stabile di uno o più preti, riscossione della decima). Il passaggio da pieve a parrocchia talvolta fu una vera sostituzione, dato che le vecchie pievi (nate in età carolingia nel momento in cui si era reso necessario delimitare quali chiese avessero diritto alla decima, e da quali territori) furono abbandonate a favore di nuove chiese, più vicine ai nuovi centri abitati; in questo senso la parrocchia è il nuovo distretto di cura d'anime formatosi...
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