dc:description
| - La congregazione di carità fu istituita in ogni comune della Provincia dell'Umbria in base al decreto n. 100 del 29 ottobre 1860 emanato dal regio commissario generale straordinario Gioacchino Napoleone Pepoli, al fine di amministrare le opere pie esistenti nel territorio, fino ad allora rette da autorità o funzionari ecclesiatici. Erano considerate opere pie "gli istituti di carità e beneficenza e qualsiasi ente morale avente in tutto o in parte per fine di soccorrere alle classi bisognose tanto in istato di sanità che di malattia, di prestare ad esse assistenza, educarle, istruirle od avviarle a qualche professione arte o mestiere" (art. 2). In base a tale decreto le congregazioni dovevano comporsi di quattro o sei membri, in relazione al numero degli abitanti (4 se inferiore a diecimila, 6 se superiore), più alcuni membri di diritto; erano presiedute dal rappresentante dell'autorità governativa o, in sua mancanza, di quella municipale (art. 7). La nomina dei membri spettava esclusivamente al regio commissario generale, che decideva su una rosa di candidati proposti dalle commissioni municipali (art. 8). Queste ultime furono incaricate di prendere possesso, non più tardi di quindici giorni dalla data del decreto, anche attraverso dei mandatari, di tutti i beni appartenenti alle opere pie e di assumere l'ordinaria amministrazione in nome dell'istituenda congregazione, cui successivamente dovevano essere assegnate le relative amministrazioni. A distanza di pochi mesi...
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abstract
| - La congregazione di carità fu istituita in ogni comune della Provincia dell'Umbria in base al decreto n. 100 del 29 ottobre 1860 emanato dal regio commissario generale straordinario Gioacchino Napoleone Pepoli, al fine di amministrare le opere pie esistenti nel territorio, fino ad allora rette da autorità o funzionari ecclesiatici. Erano considerate opere pie "gli istituti di carità e beneficenza e qualsiasi ente morale avente in tutto o in parte per fine di soccorrere alle classi bisognose tanto in istato di sanità che di malattia, di prestare ad esse assistenza, educarle, istruirle od avviarle a qualche professione arte o mestiere" (art. 2). In base a tale decreto le congregazioni dovevano comporsi di quattro o sei membri, in relazione al numero degli abitanti (4 se inferiore a diecimila, 6 se superiore), più alcuni membri di diritto; erano presiedute dal rappresentante dell'autorità governativa o, in sua mancanza, di quella municipale (art. 7). La nomina dei membri spettava esclusivamente al regio commissario generale, che decideva su una rosa di candidati proposti dalle commissioni municipali (art. 8). Queste ultime furono incaricate di prendere possesso, non più tardi di quindici giorni dalla data del decreto, anche attraverso dei mandatari, di tutti i beni appartenenti alle opere pie e di assumere l'ordinaria amministrazione in nome dell'istituenda congregazione, cui successivamente dovevano essere assegnate le relative amministrazioni. A distanza di pochi mesi...
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