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  • Comune di Argenta
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  • Comune di Argenta
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  • Argenta è ora capoluogo di un vasto comune della provincia di Ferrara e si estende sulla riva sinistra del fiume Reno. Poco o nulla si sa delle origini della cittadina: il Bertoldi, riportando l'ipotesi di Cluverio, ritiene che Argenta esistesse già nell'anno 108 a.C. e indica come probabili fondatori i Pelasgi tessali che, nel VI sec. a.C., abbandonarono Spina per cercare riparo in alcune isolette tra le paludi, isolette in cui è possibile individuare il probabile nucleo originario dell'insediamento. Se si accoglie questa ipotesi si può ritenere che la città abbia derivato il suo nome da un castello della Tessaglia chiamato Argenta, data la consuetudine dei barbari di assegnare alle città di nuova fondazione il nome di località già esistenti nella loro patria; un'altra teoria sostiene invece che il toponimo tragga origine dai riflessi "argentei" delle acque che lambivano il paese. Nonostante tutte le supposizioni, si sa per certo che Argenta era originariamente posta sulla riva destra del Po di Primaro e che il suo territorio era formato da dossi costituiti da materiale alluvionale portato dallo stesso Po: a causa però delle frequenti inondazioni cui era sottoposta, nel 300 circa d.C. fu deciso il trasferimento dell'abitato dalla parte destra alla sinistra del Po. In questa nuova posizione il paese ebbe un incredibile sviluppo demografico poiché ai primi abitanti si aggiunsero ben presto altre popolazioni che si trovavano minacciate dagli Unni. Nel 538 Argenta fu colpita da una grave carestia che riuscì a superare in quanto la popolazione si impadronì di alcuni barconi rimasti in secca utilizzati dai Goti, che allora dominavano la zona, per trasportare grandi quantità di grano dalla Liguria a Ravenna. Nel 553 l'imperatore Giustiniano, che aveva sconfitto i Goti, donò all'arcivescovo di Ravenna i luoghi da essi precedentemente posseduti, tra cui la stessa Argenta. Nel 608 la città fu cinta da alte mura e la sua posizione ne risultò ulteriormente fortificata. Nel 712 Argenta appoggiò i Ravennati nel tentativo di liberarsi del governo greco e, nel 728, fu occupata insieme a Ravenna da Liutprando re dei Longobardi: nel 743, tuttavia, ritornò sotto la dominazione dell'Esarcato. Nel 751 (o 752) vi fu un nuovo tentativo da parte dei Longobardi di invadere l'Esarcato: il Papa ebbe però la meglio, appoggiato da Pipino il Breve, e i Longobardi furono costretti a cedere Ravenna ed Argenta che passarono così sotto il dominio temporale della Chiesa. Seguì per Argenta un periodo piuttosto travagliato: con l'elezione di Ugo di Provenza quale re d'Italia la città divenne di appartenenza del monarca e tale rimase fino al 967 quando Ottone I la restituì al Pontefice; pare poi che nel 1055 Argenta fosse di proprietà dell'imperatore Arrigo III. Nel 1081 Arrigo IV donò all'antipapa Guiberto la decima delle terre dell'argentano che venivano lavorate con i buoi della mensa arcipretale. Quando però l'imperatore ritornò in Germania Guiberto, privato di un così importante alleato, decise di cercare rifugio proprio ad Argenta divenuta ormai una fortezza per la sua posizione sul ramo del Po e per le sue alte mura; lo stesso Guiberto fece costruire la solida torre che si trova tuttora rappresentata nello stemma della città (una torre d'argento merlata in campo rosso con la base nell'acqua). Nel 1098 gli Argentani abbandonarono Guiberto: non è ben chiaro se essi fossero spontaneamente passati dalla parte del Pontefice o se la città fosse stata vinta senza poter opporre resistenza dalle forze cattoliche. Nel 1126, data della visita dell'arcivescovo Gualtiero ad Argenta, vi erano già due chiese in cui veniva osservata la regola della vita in comune: la prima era la chiesa di Santa Maria in Castro, poi detta della Seliciata, che era ubicata presso le mura di fortificazione, e la seconda era la chiesa di San Nicolò. Tra il 1131 e il 1145 gli Argentani tentarono senza successo, insieme ai Ravennati e ai Ferraresi, di assediare Imola e Faenza. Nel 1169 il Papa Alessandro III assegnò ai canonici della metropolitana ravennate i possessi delle chiese di San Giorgio di Argenta e di San Giacomo, oltre alla quarta parte delle oblazioni della chiesa di San Nicolò; nello stesso anno l'argentano fu teatro della guerra tra Ferraresi e Ravennati che si concluse con la cessione di Argenta ai Ferraresi i quali la restituirono nel 1179 per poi riprendersela l'anno seguente: nel 1186 però il Pontefice Lucio III, dietro le insistenze dell'arcivescovo Gherardo, costrinse i Ferraresi a riconsegnare Argenta ai Ravennati. Durante l'anno 1200 la città fu invasa e saccheggiata dal ghibellino Salinguerra che era a capo della fazione imperiale di Ferrara: i Ravennati fecero il possibile per soccorrere gli Argentani ma senza successo e molti cittadini furono catturati e incarcerati. Sette anni più tardi i Ferraresi tornarono all'attacco per impossessarsi di Argenta che fu data alle fiamme: successivamente essi occuparono anche il contado ma, a tale usurpazione, l'arcivescovo Egido si ribellò ricorrendo al Papa Innocenzo III. L'arcivescovo riuscì così a riottenere i luoghi occupati e a farsi promettere dal guelfo Azzo d'Este, che si era impadronito di Ferrara, che non avrebbe più molestato Argenta. Nel 1209 gli Argentani giurarono obbedienza all'arcivescovo Ubaldo mentre a Ferrara Alberico, nipote di Salinguerra, assicurò che non avrebbe arrecato danni nè ad Argenta nè alle zone circostanti. Nel 1211 il vicario imperiale Ugo da Guaranasio, che era stato cacciato da Ferrara dallo stesso Azzo d'Este, fu incaricato dall'imperatore di occupare Argenta: l'occupazione fu però assai breve perché i Ravennati lo costrinsero a restituirla. Nel frattempo l'arcivescovo, non più certo di riuscire a difendere da solo la città da nuovi assalti, affidò Argenta al marchese Azzo d'Este, signore di Ferrara, dietro la promessa che l'avrebbe custodita per onore e utilità della Chiesa ravennate: alla morte di Azzo sorse una lite tra i suoi figli e Salinguerra e così Argenta cadde nuovamente nelle mani degli Imperiali i quali comunque non tardarono a renderla all'arcivescovo Ubaldo. Nel 1223 la cura delle anime, precedentemente affidata alla chiesa di Santa Maria in Castro, passò a quella di San Nicolò che ormai era divenuta la chiesa principale della nuova città riedificata. Nel 1240, per ordine del Pontefice Gregorio IX, Argenta fu affidata in custodia ad Azzo VII d'Este che la tenne per circa un decennio: successivamente essa fu di nuovo ceduta all'arcivescovo Filippo Fontana il quale, nel 1255, si vide confermare dal Papa Alessandro IV anche il posesso del contado. Verso la fine del XIII secolo Argenta fu afflitta da una nuova grande carestia che riuscì a sconfiggere anche grazie all'ausilio dell'arcivescovo Bonifacio. A partire da questo periodo Argenta, certamente a causa della sua collocazione geografica posta circa a metà tra i territori di Ferrara e Ravenna, passò alternativamente sotto il dominio degli Estensi e degli Arcivescovi ravennati: nel 1295 fu occupata dal marchese Azzo d'Este ma l'anno successivo fu restituita all'arcivescovo Obizzo dei Sanvitali il quale, nella consapevolezza di non poterla difendere, la affidò al reggiano Rolandino Canossa e a Manghinardo Pagano da Susinana. Vi fu poi una nuova occupazione da parte degli Estensi che durò circa due anni trascorsi i quali Argenta venne ceduta al Pontefice; alla morte dell'arcivescovo Obizzo, nel 1303, gli Estensi si impossessarono nuovamente della città ma il Papa Benedetto XI costrinse il marchese Azzo a restituirla. Tuttavia i tentativi da parte degli Estensi di impadronirsi della strategica cittadina non si esaurirono qui: alla morte dell'arcivescovo Rinaldo, nel 1321, il marchese Obizzo d'Este prese d'assedio Argenta con un potente esercito e una grossa armata di navi: gli Argentani riuscirono a resistere fino all'arrivo dei Veneziani, accorsi in loro aiuto, e il marchese fu così costretto a ritirarsi. Argenta rimase in custodia della Repubblica di Venezia fino al 1322 quando, per ordine del Pontefice Giovanni XXII, fu restituita al neo eletto arcivescovo di Ravenna Aimerigo. Tra il 1324 e il 1327 la città fu poi per due volte occupata dagli Estensi e in seguito restiruita all'arcivescovo. Stanchi dei continui attacchi gli Argentani, insieme ad altre milizie pontificie, assalirono nel 1333 il marchese Niccolò d'Este a Consandolo riuscendo a farlo prigioniero: si diressero poi a Ferrara decisi ad assediarla ma, nella battaglia decisiva, le truppe pontificie ebbero la peggio. Nel corso dello stesso anno vi furono diverse azioni ostili da parte dei Ferraresi nei confronti degli Argentani: il capitano dell'esercito estense, Niccolò di Maccaruffi, strinse d'assedio Argenta fino al gennaio del 1334 quando, intimorito dalla notizia dell'arrivo dei Bolognesi, la abbandonò precipitosamente. Gli Estensi non rinunciarono però ai loro propositi e, con l'intervento del marchese Rinaldo, riuscirono infine ad appropriarsi della città che fu costretta a capitolare passando, nel marzo 1334, sotto il dominio estense. Nel 1340 vi fu ancora una grande carestia e, nel 1341, fu istituito il Collegio Notarile che fu attivo fino al 1796. Nel 1343 la Chiesa ravennate si riappropriò di Argenta ma, nel corso dell'anno successivo, il Pontefice Clemente VI assegnò il dominio della città al marchese Obizzo d'Este che la tenne in affitto per sei anni dietro la corresponsione annua alla Chiesa Arcivescovile di Ravenna di 2.000 fiorini d'oro e con l'obbligo di versare 7.200 fiorini come compenso per l'occupazione trascorsa: da questo momento in poi Argenta rimase a vario titolo sotto il dominio degli Estensi finché essi furono a Ferrara. Alla morte di Obizzo vi fu una guerra per la successione: nel 1353 Argenta fu assalita, pur senza successo, dal marchese Francesco che era uno degli aspiranti ad ottenere il ruolo di comando. Nel 1362 venne eletto arcivescovo di Ravenna Petrocino il quale, al fine di placare le continue discordie tra i possidenti argentani e i ministri ecclesiastici per le pensioni da pagare all'arcivescovado, stabilì nel 1364 che gli enfiteuti dovessero versare soltanto la decima parte dei frutti delle loro terre. Nel 1404, durante la guerra tra il marchese Niccolò III d'Este e i Veneziani, Argenta fu determinante, con le sue fortificazioni, ad impedire il passaggio dei Veneziani che tentavano di raggiungere Ferrara attraverso il Po. Nel 1408 lo stesso Niccolò consentì l'istituzione ad Argenta di un banco di prestito tenuto da alcuni Ebrei e successivamente, nel 1415, ne regolò l'attività che si stava mostrando dannosa per gli Argentani. Nel 1419 si ebbe la visita di Papa Martino V che si fermò nella chiesa di San Nicolò concedendo diverse indulgenze. Nel 1421 fu stipulato un nuovo contratto tra il marchese Niccolò e l'arcivescovo Tommaso Perondoli in quanto gli Estensi non pagavano regolarmente agli arcivescovi le quote dovute per l'affitto di Argenta: il marchese fu nominato vicario dell'arcivescovo in Argenta con giurisdizione temporale, dietro il pagamento di un canone annuo di 200 ducati d'oro e con la promessa di non ingerire nella giurisdizione spirituale dell'arcivescovo, nelle sue possessioni e decime. Dopo aver ottenuto la giurisdizione temporale di Argenta, gli Estensi operarono diversi miglioramenti sia nella gestione economica della città sia nelle condizioni di vita della popolazione: purtroppo però nel 1427 si verificò una rotta nell'argine sinistro del Primaro che causò gravi danni alla comunità. Nel corso del 1466 il successore di Niccolò, Borso d'Este, fece ricostruire le mura di Argenta ma l'anno successivo, proprio mentre tutti erano ancora intenti a tale riedificazione, scoppiò una tremenda tempesta accompagnata anche da scosse di terremoto: i danni furono ingenti, molte case furono demolite e parte del castello situato in piazza crollò. Nel 1482, durante la guerra tra Venezia e il duca Ercole I, agli Argentani venne ordinato di fare provvista di farina e di costruire fortificazioni per prepararsi all'assalto: in effetti l'anno seguente i Veneziani tentarono di occupare Argenta ma gli abitanti, insieme ai soldati, riuscirono a costringerli in ritirata. Nel 1499 Argenta subì un altro attacco da parte delle truppe del duca Valentino: questa volta però i nemici riuscirono ad entrare e ad occupare il paese proseguendo poi verso la Romagna. Tra il 1511 e il 1512 Argenta e i suoi dintorni furono teatro della guerra tra Alfonso I, signore di Ferrara, e le truppe pontificie le quali, dopo alterne vicende, vennero infine definitivamente sconfitte. Nel 1520 vi fu una controversia tra gli Argentani e l'arcivescovo di Ravenna Niccolò Fieschi che li accusava di non aver osservato i patti stabiliti nel 1364 obbligandoli a pagare una multa di 1.000 fiorini d'oro: la controversia durò alcuni anni ma gli Argentani riuscirono a difendersi e ad ottenere di stipulare con il nuovo arcivescovo Pietro Accolti un nuovo patto secondo il quale la comunità avrebbe dovuto pagare 800 scudi e tutti i possidenti dei beni immobili della Chiesa ravennate avrebbero dovuto rinnovare le loro investiture. Nel 1551 Ecole II, che era succeduto ad Alfonso I, introdusse a Ferrara i Gesuiti inviandone alcuni anche ad Argenta affinché vi esercitassero l'insegnamento: nel 1557 però, per una ragione sconosciuta, i Gesuiti furono richiamati e abbandonarono la città. Sempre nel 1557 fu istituito ad Argenta il Sacro Monte di Pietà dei Pegni; durante l'anno successivo il duca permise al Consiglio Generale di eleggere quaranta uomini "conservatori della pace" in quanto il territorio era infestato da malviventi di ogni sorta. Nel 1570 fu inaugurato il nuovo convento dei Cappuccini. Una ennesima carestia colpì Argenta nel 1590 ma questa volta le sofferenze furono limitate in quanto il duca Alfonso II fece pervenire grandi quantità di grano proveniente anche dalla Baviera. Dopo la morte di Alfonso, avvenuta nel 1597, il suo successore non riuscì a tenere le redini del ducato: egli fu scomunicato dal Papa e l'anno successivo lasciò Ferrara per ritirarsi a Modena: tale avvenimento pose fine anche in Argenta al dominio degli Estensi. Immediatamente il Papa Clemente VIII occupò lo stato ferrarese inviando il vescovo di Ferrara, Fontana, a prendere possesso di Argenta. In seguito lo stesso Pontefice, mentre era diretto a Ferrara, volle fermarsi a visitare Argenta dove fu ricevuto con tutti gli onori. Il Bandi ritiene che la dominazione pontificia abbia procurato ad Argenta grandi sventure e un generale impoverimento: quasi immediatamente fu impedito al paese il commercio in seguito alla disposizione per cui le acque del Reno, del Sillaro, del Santerno, del Savena, dell'Idice e del Naviglio di Bologna dovevano essere immesse nel Po di Primaro rendendo così impossibile la navigazione che per tanti anni aveva costituito la principale fonte di guadagno per Argenta e Ferrara. Il 19 marzo 1624 Argenta fu quasi interamente rasa al suolo da un terribile terremoto che fece crollare anche le mura della città, le chiese e le torri: le acque del Po delle valli argentane e di Comacchio si alzarono allagando strade e piazze. Nonostante il disastro, le vittime furono soltanto 25 e gli Argentani si recarono il giorno successivo al tempio della Celletta facendo voto di recarsi ogni anno al tempio nel giorno della ricorrenza del terremoto e di far celebrare solennemente delle funzioni. Nessun altro avvenimento scosse la città fino al 1796, data in cui Napoleone si impossessò di Ferrara e anche gli Argentani dovettero consegnare alla residenza consolare tutte le armi. Nel corso dello stesso anno un editto, in base a cui la città avrebbe dovuto consegnare anche gli oggetti di valore delle chiese, fece esplodere una sollevazione popolare che convinse i rappresentanti del nuovo governo a desistere da tale proposito. Il 3 marzo 1797 Argenta entrò dunque a far parte della Repubblica Francese divenendo un Cantone del Dipartimento del Basso Po, il quale aveva come capoluogo Ferrara: il Cantone di Argenta comprendeva Argenta, come capoluogo, Bando, Boccaleone, San Biagio, Filo, Longastrino e Sant'Alberto. Caduta l'autorità pontificia, nel 1798 furono aboliti i dazi, con l'eccezione di quelli dei generi di consumo, e fu promulgata una legge sul potere giudiziario. Nello stesso anno Argenta divenne il 16° Comune del Dipartimento del Basso Po con il nome di "Comune di Primaro" comprendente, oltre al capoluogo Argenta, Sant'Alberto, Boccaleone, Filo, San Biagio e Longastrino. In seguito, sempre nel 1798, Argenta fu capoluogo del 6° Distretto del Dipartimento del Basso Po, detto anche "Comune di Fossa Marina", che includeva Argenta e Primaro (costituito quest'ultimo da Longastrino, Filo, San Nicolò, San Biagio, Boccaleone, Consandolo, Traghetto, Ospitale, Molinella Ferrarese, Montesanto e Montestirolo). Nel 1799, con l'arrivo degli Austriaci, Argenta perse alcuni dei comuni che erano suoi aggregati nel 1798 ma ottenne Lavezzola, Marmorta e Molinella Argentana. In questo periodo Argenta fu più volte oggetto di ruberie e saccheggi che ebbero fine con la costituzione della Repubblica Italiana presieduta da Napoleone nel 1802. Nel 1807 il Dipartimento del Basso Po fu suddiviso in 3 Distretti (Ferrara, Comacchio e Rovigo) e 103 Comuni. Il Distretto di Comacchio comprendeva, tra gli altri, i Cantoni di Argenta e di Portomaggiore dove il Cantone di Argenta era formato dalla città e dai comuni suoi aggregati, vale a dire Bando, Consandolo con Boccaleone, Longastrino con Filo, San Biagio e Bastiglia, mentre il Cantone di Portomaggiore era costituito dai comuni di San Nicolò, Benvignante, Ospitale, Santa Maria Codifiume e Traghetto. Nel 1815 la città tornò ad essere dominio papale ma, insieme alla Romagna, insorse contro la nuova dominazione: circa un mese dopo però gli Austriaci, che erano giunti in aiuto del Papa, riuscirono a sedare la rivolta e a ripristinare il governo pontificio. In questo periodo Ferrara divenne Legazione e il territorio argentano venne suddiviso in 5 Comuni: Argenta (con Bando e Boccaleone), Santa Maria Codifiume (con Traghetto), Consandolo, Filo (con Longastrino, Bastia e San Biagio) e San Nicolò (con Sant'Egidio, Benvignante, Ospital Monacale e Ripapersico). Nel 1831 il Papa Greogorio XVI riorganizzò l'amministrazione dello Stato Pontificio: Argenta rimase così Comune mentre gli altri comuni minori, che prima erano indipendenti, divennero suoi Appodiati. Il Comune di Filo, pur essendo appodiato, fu l'unico a mantenenere una certa autonomia con un proprio sindaco, un proprio bilancio e rendite separate. Nel 1847 Papa Pio IX istituì la Guardia Civica. Due anni più tardi Argenta aderì alla appena proclamata Repubblica Romana ma immediatamente gli Austriaci intervennero per restaurare il governo papale: dieci anni più tardi, nel 1859, la città si ribellò nuovamente e questa volta riuscì a liberarsi definitivamente del dominio del Papa proclamando la dittatura di Vittorio Emanuele II, re di Sardegna. Nello stesso anno Luigi Carlo Farini, dittatore del governo provvisorio delle "Regie Province dell'Emilia", costituitosi in seguito agli avvenimenti della II Guerra d'Indipendenza, ridisegnò con un decreto il tessuto comunale del territorio: nel caso argentano, molti comuni minori vennero fusi con quelli maggiori perdendo del tutto l'autonomia, già notevolmente ridotta in seguito al loro declassamento a comuni appodiati. Nel marzo del 1860 gli Argentani fecero richiesta di poter essere annessi al Regno d'Italia e il 13 maggio dello stesso anno si celebrò la prima festa dello Statuto. Nel 1864 venne fondata la Società Operaia di Mutuo Soccorso. Negli anni seguenti la popolazione si impegnò alacremente per migliorare l'assetto urbano della cittadina e le condizioni di vita dei suoi abitanti: fu restaurato il palazzo comunale, vennero sistemate le strade, fu aperta la Cassa di Risparmio, vennero istituite scuole diurne e serali e furono ultimati i lavori di bonifica. Il 22 agosto 1896 si verificò una rotta nell'argine sinistro del Reno (detta rotta di Zena Vecchia) con conseguente allagamento delle frazioni di Codifiume e Traghetto: i danni furono ingenti e venne appositamente creato un comitato di soccorso per gli "inondati" (cfr. note alle bb. 144; 179; 211 - 212 e 244 della sottoserie Carteggio 1878 - 1900). Un altro evento disastroso si ebbe il 23 giugno del 1905 quando un violento nubifragio, accompagnato da grandine, si abbattè sul territorio causando gravi conseguenze sulla città e sulla campagna circostante (cfr. nota alla b. 446 della sottoserie Carteggio per categorie 1901 - 1965). Argenta seguì poi le sorti del resto d'Italia restando gravemente mutilata durante l'ultima guerra: il 12 aprile 1945 un terribile bombardamento alleato, oltre a provocare moltissime vittime, rase praticamente al suolo il paese e le sue frazioni. Gli Argentani avviarono allora una grande opera di ricostruzione che diede alla città l'aspetto moderno e funzionale che possiede tuttora e fornendo le basi per lo sviluppo dell'economia, dell'agricoltura e dell'industria.
dc:date
  • [sec. XVI] -
ha date esistenza
ha statusProvenienza
abstract
  • Argenta è ora capoluogo di un vasto comune della provincia di Ferrara e si estende sulla riva sinistra del fiume Reno. Poco o nulla si sa delle origini della cittadina: il Bertoldi, riportando l'ipotesi di Cluverio, ritiene che Argenta esistesse già nell'anno 108 a.C. e indica come probabili fondatori i Pelasgi tessali che, nel VI sec. a.C., abbandonarono Spina per cercare riparo in alcune isolette tra le paludi, isolette in cui è possibile individuare il probabile nucleo originario dell'insediamento. Se si accoglie questa ipotesi si può ritenere che la città abbia derivato il suo nome da un castello della Tessaglia chiamato Argenta, data la consuetudine dei barbari di assegnare alle città di nuova fondazione il nome di località già esistenti nella loro patria; un'altra teoria sostiene invece che il toponimo tragga origine dai riflessi "argentei" delle acque che lambivano il paese. Nonostante tutte le supposizioni, si sa per certo che Argenta era originariamente posta sulla riva destra del Po di Primaro e che il suo territorio era formato da dossi costituiti da materiale alluvionale portato dallo stesso Po: a causa però delle frequenti inondazioni cui era sottoposta, nel 300 circa d.C. fu deciso il trasferimento dell'abitato dalla parte destra alla sinistra del Po. In questa nuova posizione il paese ebbe un incredibile sviluppo demografico poiché ai primi abitanti si aggiunsero ben presto altre popolazioni che si trovavano minacciate dagli Unni. Nel 538 Argenta fu colpita da una grave carestia che riuscì a superare in quanto la popolazione si impadronì di alcuni barconi rimasti in secca utilizzati dai Goti, che allora dominavano la zona, per trasportare grandi quantità di grano dalla Liguria a Ravenna. Nel 553 l'imperatore Giustiniano, che aveva sconfitto i Goti, donò all'arcivescovo di Ravenna i luoghi da essi precedentemente posseduti, tra cui la stessa Argenta. Nel 608 la città fu cinta da alte mura e la sua posizione ne risultò ulteriormente fortificata. Nel 712 Argenta appoggiò i Ravennati nel tentativo di liberarsi del governo greco e, nel 728, fu occupata insieme a Ravenna da Liutprando re dei Longobardi: nel 743, tuttavia, ritornò sotto la dominazione dell'Esarcato. Nel 751 (o 752) vi fu un nuovo tentativo da parte dei Longobardi di invadere l'Esarcato: il Papa ebbe però la meglio, appoggiato da Pipino il Breve, e i Longobardi furono costretti a cedere Ravenna ed Argenta che passarono così sotto il dominio temporale della Chiesa. Seguì per Argenta un periodo piuttosto travagliato: con l'elezione di Ugo di Provenza quale re d'Italia la città divenne di appartenenza del monarca e tale rimase fino al 967 quando Ottone I la restituì al Pontefice; pare poi che nel 1055 Argenta fosse di proprietà dell'imperatore Arrigo III. Nel 1081 Arrigo IV donò all'antipapa Guiberto la decima delle terre dell'argentano che venivano lavorate con i buoi della mensa arcipretale. Quando però l'imperatore ritornò in Germania Guiberto, privato di un così importante alleato, decise di cercare rifugio proprio ad Argenta divenuta ormai una fortezza per la sua posizione sul ramo del Po e per le sue alte mura; lo stesso Guiberto fece costruire la solida torre che si trova tuttora rappresentata nello stemma della città (una torre d'argento merlata in campo rosso con la base nell'acqua). Nel 1098 gli Argentani abbandonarono Guiberto: non è ben chiaro se essi fossero spontaneamente passati dalla parte del Pontefice o se la città fosse stata vinta senza poter opporre resistenza dalle forze cattoliche. Nel 1126, data della visita dell'arcivescovo Gualtiero ad Argenta, vi erano già due chiese in cui veniva osservata la regola della vita in comune: la prima era la chiesa di Santa Maria in Castro, poi detta della Seliciata, che era ubicata presso le mura di fortificazione, e la seconda era la chiesa di San Nicolò. Tra il 1131 e il 1145 gli Argentani tentarono senza successo, insieme ai Ravennati e ai Ferraresi, di assediare Imola e Faenza. Nel 1169 il Papa Alessandro III assegnò ai canonici della metropolitana ravennate i possessi delle chiese di San Giorgio di Argenta e di San Giacomo, oltre alla quarta parte delle oblazioni della chiesa di San Nicolò; nello stesso anno l'argentano fu teatro della guerra tra Ferraresi e Ravennati che si concluse con la cessione di Argenta ai Ferraresi i quali la restituirono nel 1179 per poi riprendersela l'anno seguente: nel 1186 però il Pontefice Lucio III, dietro le insistenze dell'arcivescovo Gherardo, costrinse i Ferraresi a riconsegnare Argenta ai Ravennati. Durante l'anno 1200 la città fu invasa e saccheggiata dal ghibellino Salinguerra che era a capo della fazione imperiale di Ferrara: i Ravennati fecero il possibile per soccorrere gli Argentani ma senza successo e molti cittadini furono catturati e incarcerati. Sette anni più tardi i Ferraresi tornarono all'attacco per impossessarsi di Argenta che fu data alle fiamme: successivamente essi occuparono anche il contado ma, a tale usurpazione, l'arcivescovo Egido si ribellò ricorrendo al Papa Innocenzo III. L'arcivescovo riuscì così a riottenere i luoghi occupati e a farsi promettere dal guelfo Azzo d'Este, che si era impadronito di Ferrara, che non avrebbe più molestato Argenta. Nel 1209 gli Argentani giurarono obbedienza all'arcivescovo Ubaldo mentre a Ferrara Alberico, nipote di Salinguerra, assicurò che non avrebbe arrecato danni nè ad Argenta nè alle zone circostanti. Nel 1211 il vicario imperiale Ugo da Guaranasio, che era stato cacciato da Ferrara dallo stesso Azzo d'Este, fu incaricato dall'imperatore di occupare Argenta: l'occupazione fu però assai breve perché i Ravennati lo costrinsero a restituirla. Nel frattempo l'arcivescovo, non più certo di riuscire a difendere da solo la città da nuovi assalti, affidò Argenta al marchese Azzo d'Este, signore di Ferrara, dietro la promessa che l'avrebbe custodita per onore e utilità della Chiesa ravennate: alla morte di Azzo sorse una lite tra i suoi figli e Salinguerra e così Argenta cadde nuovamente nelle mani degli Imperiali i quali comunque non tardarono a renderla all'arcivescovo Ubaldo. Nel 1223 la cura delle anime, precedentemente affidata alla chiesa di Santa Maria in Castro, passò a quella di San Nicolò che ormai era divenuta la chiesa principale della nuova città riedificata. Nel 1240, per ordine del Pontefice Gregorio IX, Argenta fu affidata in custodia ad Azzo VII d'Este che la tenne per circa un decennio: successivamente essa fu di nuovo ceduta all'arcivescovo Filippo Fontana il quale, nel 1255, si vide confermare dal Papa Alessandro IV anche il posesso del contado. Verso la fine del XIII secolo Argenta fu afflitta da una nuova grande carestia che riuscì a sconfiggere anche grazie all'ausilio dell'arcivescovo Bonifacio. A partire da questo periodo Argenta, certamente a causa della sua collocazione geografica posta circa a metà tra i territori di Ferrara e Ravenna, passò alternativamente sotto il dominio degli Estensi e degli Arcivescovi ravennati: nel 1295 fu occupata dal marchese Azzo d'Este ma l'anno successivo fu restituita all'arcivescovo Obizzo dei Sanvitali il quale, nella consapevolezza di non poterla difendere, la affidò al reggiano Rolandino Canossa e a Manghinardo Pagano da Susinana. Vi fu poi una nuova occupazione da parte degli Estensi che durò circa due anni trascorsi i quali Argenta venne ceduta al Pontefice; alla morte dell'arcivescovo Obizzo, nel 1303, gli Estensi si impossessarono nuovamente della città ma il Papa Benedetto XI costrinse il marchese Azzo a restituirla. Tuttavia i tentativi da parte degli Estensi di impadronirsi della strategica cittadina non si esaurirono qui: alla morte dell'arcivescovo Rinaldo, nel 1321, il marchese Obizzo d'Este prese d'assedio Argenta con un potente esercito e una grossa armata di navi: gli Argentani riuscirono a resistere fino all'arrivo dei Veneziani, accorsi in loro aiuto, e il marchese fu così costretto a ritirarsi. Argenta rimase in custodia della Repubblica di Venezia fino al 1322 quando, per ordine del Pontefice Giovanni XXII, fu restituita al neo eletto arcivescovo di Ravenna Aimerigo. Tra il 1324 e il 1327 la città fu poi per due volte occupata dagli Estensi e in seguito restiruita all'arcivescovo. Stanchi dei continui attacchi gli Argentani, insieme ad altre milizie pontificie, assalirono nel 1333 il marchese Niccolò d'Este a Consandolo riuscendo a farlo prigioniero: si diressero poi a Ferrara decisi ad assediarla ma, nella battaglia decisiva, le truppe pontificie ebbero la peggio. Nel corso dello stesso anno vi furono diverse azioni ostili da parte dei Ferraresi nei confronti degli Argentani: il capitano dell'esercito estense, Niccolò di Maccaruffi, strinse d'assedio Argenta fino al gennaio del 1334 quando, intimorito dalla notizia dell'arrivo dei Bolognesi, la abbandonò precipitosamente. Gli Estensi non rinunciarono però ai loro propositi e, con l'intervento del marchese Rinaldo, riuscirono infine ad appropriarsi della città che fu costretta a capitolare passando, nel marzo 1334, sotto il dominio estense. Nel 1340 vi fu ancora una grande carestia e, nel 1341, fu istituito il Collegio Notarile che fu attivo fino al 1796. Nel 1343 la Chiesa ravennate si riappropriò di Argenta ma, nel corso dell'anno successivo, il Pontefice Clemente VI assegnò il dominio della città al marchese Obizzo d'Este che la tenne in affitto per sei anni dietro la corresponsione annua alla Chiesa Arcivescovile di Ravenna di 2.000 fiorini d'oro e con l'obbligo di versare 7.200 fiorini come compenso per l'occupazione trascorsa: da questo momento in poi Argenta rimase a vario titolo sotto il dominio degli Estensi finché essi furono a Ferrara. Alla morte di Obizzo vi fu una guerra per la successione: nel 1353 Argenta fu assalita, pur senza successo, dal marchese Francesco che era uno degli aspiranti ad ottenere il ruolo di comando. Nel 1362 venne eletto arcivescovo di Ravenna Petrocino il quale, al fine di placare le continue discordie tra i possidenti argentani e i ministri ecclesiastici per le pensioni da pagare all'arcivescovado, stabilì nel 1364 che gli enfiteuti dovessero versare soltanto la decima parte dei frutti delle loro terre. Nel 1404, durante la guerra tra il marchese Niccolò III d'Este e i Veneziani, Argenta fu determinante, con le sue fortificazioni, ad impedire il passaggio dei Veneziani che tentavano di raggiungere Ferrara attraverso il Po. Nel 1408 lo stesso Niccolò consentì l'istituzione ad Argenta di un banco di prestito tenuto da alcuni Ebrei e successivamente, nel 1415, ne regolò l'attività che si stava mostrando dannosa per gli Argentani. Nel 1419 si ebbe la visita di Papa Martino V che si fermò nella chiesa di San Nicolò concedendo diverse indulgenze. Nel 1421 fu stipulato un nuovo contratto tra il marchese Niccolò e l'arcivescovo Tommaso Perondoli in quanto gli Estensi non pagavano regolarmente agli arcivescovi le quote dovute per l'affitto di Argenta: il marchese fu nominato vicario dell'arcivescovo in Argenta con giurisdizione temporale, dietro il pagamento di un canone annuo di 200 ducati d'oro e con la promessa di non ingerire nella giurisdizione spirituale dell'arcivescovo, nelle sue possessioni e decime. Dopo aver ottenuto la giurisdizione temporale di Argenta, gli Estensi operarono diversi miglioramenti sia nella gestione economica della città sia nelle condizioni di vita della popolazione: purtroppo però nel 1427 si verificò una rotta nell'argine sinistro del Primaro che causò gravi danni alla comunità. Nel corso del 1466 il successore di Niccolò, Borso d'Este, fece ricostruire le mura di Argenta ma l'anno successivo, proprio mentre tutti erano ancora intenti a tale riedificazione, scoppiò una tremenda tempesta accompagnata anche da scosse di terremoto: i danni furono ingenti, molte case furono demolite e parte del castello situato in piazza crollò. Nel 1482, durante la guerra tra Venezia e il duca Ercole I, agli Argentani venne ordinato di fare provvista di farina e di costruire fortificazioni per prepararsi all'assalto: in effetti l'anno seguente i Veneziani tentarono di occupare Argenta ma gli abitanti, insieme ai soldati, riuscirono a costringerli in ritirata. Nel 1499 Argenta subì un altro attacco da parte delle truppe del duca Valentino: questa volta però i nemici riuscirono ad entrare e ad occupare il paese proseguendo poi verso la Romagna. Tra il 1511 e il 1512 Argenta e i suoi dintorni furono teatro della guerra tra Alfonso I, signore di Ferrara, e le truppe pontificie le quali, dopo alterne vicende, vennero infine definitivamente sconfitte. Nel 1520 vi fu una controversia tra gli Argentani e l'arcivescovo di Ravenna Niccolò Fieschi che li accusava di non aver osservato i patti stabiliti nel 1364 obbligandoli a pagare una multa di 1.000 fiorini d'oro: la controversia durò alcuni anni ma gli Argentani riuscirono a difendersi e ad ottenere di stipulare con il nuovo arcivescovo Pietro Accolti un nuovo patto secondo il quale la comunità avrebbe dovuto pagare 800 scudi e tutti i possidenti dei beni immobili della Chiesa ravennate avrebbero dovuto rinnovare le loro investiture. Nel 1551 Ecole II, che era succeduto ad Alfonso I, introdusse a Ferrara i Gesuiti inviandone alcuni anche ad Argenta affinché vi esercitassero l'insegnamento: nel 1557 però, per una ragione sconosciuta, i Gesuiti furono richiamati e abbandonarono la città. Sempre nel 1557 fu istituito ad Argenta il Sacro Monte di Pietà dei Pegni; durante l'anno successivo il duca permise al Consiglio Generale di eleggere quaranta uomini "conservatori della pace" in quanto il territorio era infestato da malviventi di ogni sorta. Nel 1570 fu inaugurato il nuovo convento dei Cappuccini. Una ennesima carestia colpì Argenta nel 1590 ma questa volta le sofferenze furono limitate in quanto il duca Alfonso II fece pervenire grandi quantità di grano proveniente anche dalla Baviera. Dopo la morte di Alfonso, avvenuta nel 1597, il suo successore non riuscì a tenere le redini del ducato: egli fu scomunicato dal Papa e l'anno successivo lasciò Ferrara per ritirarsi a Modena: tale avvenimento pose fine anche in Argenta al dominio degli Estensi. Immediatamente il Papa Clemente VIII occupò lo stato ferrarese inviando il vescovo di Ferrara, Fontana, a prendere possesso di Argenta. In seguito lo stesso Pontefice, mentre era diretto a Ferrara, volle fermarsi a visitare Argenta dove fu ricevuto con tutti gli onori. Il Bandi ritiene che la dominazione pontificia abbia procurato ad Argenta grandi sventure e un generale impoverimento: quasi immediatamente fu impedito al paese il commercio in seguito alla disposizione per cui le acque del Reno, del Sillaro, del Santerno, del Savena, dell'Idice e del Naviglio di Bologna dovevano essere immesse nel Po di Primaro rendendo così impossibile la navigazione che per tanti anni aveva costituito la principale fonte di guadagno per Argenta e Ferrara. Il 19 marzo 1624 Argenta fu quasi interamente rasa al suolo da un terribile terremoto che fece crollare anche le mura della città, le chiese e le torri: le acque del Po delle valli argentane e di Comacchio si alzarono allagando strade e piazze. Nonostante il disastro, le vittime furono soltanto 25 e gli Argentani si recarono il giorno successivo al tempio della Celletta facendo voto di recarsi ogni anno al tempio nel giorno della ricorrenza del terremoto e di far celebrare solennemente delle funzioni. Nessun altro avvenimento scosse la città fino al 1796, data in cui Napoleone si impossessò di Ferrara e anche gli Argentani dovettero consegnare alla residenza consolare tutte le armi. Nel corso dello stesso anno un editto, in base a cui la città avrebbe dovuto consegnare anche gli oggetti di valore delle chiese, fece esplodere una sollevazione popolare che convinse i rappresentanti del nuovo governo a desistere da tale proposito. Il 3 marzo 1797 Argenta entrò dunque a far parte della Repubblica Francese divenendo un Cantone del Dipartimento del Basso Po, il quale aveva come capoluogo Ferrara: il Cantone di Argenta comprendeva Argenta, come capoluogo, Bando, Boccaleone, San Biagio, Filo, Longastrino e Sant'Alberto. Caduta l'autorità pontificia, nel 1798 furono aboliti i dazi, con l'eccezione di quelli dei generi di consumo, e fu promulgata una legge sul potere giudiziario. Nello stesso anno Argenta divenne il 16° Comune del Dipartimento del Basso Po con il nome di "Comune di Primaro" comprendente, oltre al capoluogo Argenta, Sant'Alberto, Boccaleone, Filo, San Biagio e Longastrino. In seguito, sempre nel 1798, Argenta fu capoluogo del 6° Distretto del Dipartimento del Basso Po, detto anche "Comune di Fossa Marina", che includeva Argenta e Primaro (costituito quest'ultimo da Longastrino, Filo, San Nicolò, San Biagio, Boccaleone, Consandolo, Traghetto, Ospitale, Molinella Ferrarese, Montesanto e Montestirolo). Nel 1799, con l'arrivo degli Austriaci, Argenta perse alcuni dei comuni che erano suoi aggregati nel 1798 ma ottenne Lavezzola, Marmorta e Molinella Argentana. In questo periodo Argenta fu più volte oggetto di ruberie e saccheggi che ebbero fine con la costituzione della Repubblica Italiana presieduta da Napoleone nel 1802. Nel 1807 il Dipartimento del Basso Po fu suddiviso in 3 Distretti (Ferrara, Comacchio e Rovigo) e 103 Comuni. Il Distretto di Comacchio comprendeva, tra gli altri, i Cantoni di Argenta e di Portomaggiore dove il Cantone di Argenta era formato dalla città e dai comuni suoi aggregati, vale a dire Bando, Consandolo con Boccaleone, Longastrino con Filo, San Biagio e Bastiglia, mentre il Cantone di Portomaggiore era costituito dai comuni di San Nicolò, Benvignante, Ospitale, Santa Maria Codifiume e Traghetto. Nel 1815 la città tornò ad essere dominio papale ma, insieme alla Romagna, insorse contro la nuova dominazione: circa un mese dopo però gli Austriaci, che erano giunti in aiuto del Papa, riuscirono a sedare la rivolta e a ripristinare il governo pontificio. In questo periodo Ferrara divenne Legazione e il territorio argentano venne suddiviso in 5 Comuni: Argenta (con Bando e Boccaleone), Santa Maria Codifiume (con Traghetto), Consandolo, Filo (con Longastrino, Bastia e San Biagio) e San Nicolò (con Sant'Egidio, Benvignante, Ospital Monacale e Ripapersico). Nel 1831 il Papa Greogorio XVI riorganizzò l'amministrazione dello Stato Pontificio: Argenta rimase così Comune mentre gli altri comuni minori, che prima erano indipendenti, divennero suoi Appodiati. Il Comune di Filo, pur essendo appodiato, fu l'unico a mantenenere una certa autonomia con un proprio sindaco, un proprio bilancio e rendite separate. Nel 1847 Papa Pio IX istituì la Guardia Civica. Due anni più tardi Argenta aderì alla appena proclamata Repubblica Romana ma immediatamente gli Austriaci intervennero per restaurare il governo papale: dieci anni più tardi, nel 1859, la città si ribellò nuovamente e questa volta riuscì a liberarsi definitivamente del dominio del Papa proclamando la dittatura di Vittorio Emanuele II, re di Sardegna. Nello stesso anno Luigi Carlo Farini, dittatore del governo provvisorio delle "Regie Province dell'Emilia", costituitosi in seguito agli avvenimenti della II Guerra d'Indipendenza, ridisegnò con un decreto il tessuto comunale del territorio: nel caso argentano, molti comuni minori vennero fusi con quelli maggiori perdendo del tutto l'autonomia, già notevolmente ridotta in seguito al loro declassamento a comuni appodiati. Nel marzo del 1860 gli Argentani fecero richiesta di poter essere annessi al Regno d'Italia e il 13 maggio dello stesso anno si celebrò la prima festa dello Statuto. Nel 1864 venne fondata la Società Operaia di Mutuo Soccorso. Negli anni seguenti la popolazione si impegnò alacremente per migliorare l'assetto urbano della cittadina e le condizioni di vita dei suoi abitanti: fu restaurato il palazzo comunale, vennero sistemate le strade, fu aperta la Cassa di Risparmio, vennero istituite scuole diurne e serali e furono ultimati i lavori di bonifica. Il 22 agosto 1896 si verificò una rotta nell'argine sinistro del Reno (detta rotta di Zena Vecchia) con conseguente allagamento delle frazioni di Codifiume e Traghetto: i danni furono ingenti e venne appositamente creato un comitato di soccorso per gli "inondati" (cfr. note alle bb. 144; 179; 211 - 212 e 244 della sottoserie Carteggio 1878 - 1900). Un altro evento disastroso si ebbe il 23 giugno del 1905 quando un violento nubifragio, accompagnato da grandine, si abbattè sul territorio causando gravi conseguenze sulla città e sulla campagna circostante (cfr. nota alla b. 446 della sottoserie Carteggio per categorie 1901 - 1965). Argenta seguì poi le sorti del resto d'Italia restando gravemente mutilata durante l'ultima guerra: il 12 aprile 1945 un terribile bombardamento alleato, oltre a provocare moltissime vittime, rase praticamente al suolo il paese e le sue frazioni. Gli Argentani avviarono allora una grande opera di ricostruzione che diede alla città l'aspetto moderno e funzionale che possiede tuttora e fornendo le basi per lo sviluppo dell'economia, dell'agricoltura e dell'industria.
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