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  • PRINCIPATO MEDICEO (1532 - 1569) poi GRANDUCATO DI TOSCANA (1569 - 1799)
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  • PRINCIPATO MEDICEO (1532 - 1569) poi GRANDUCATO DI TOSCANA (1569 - 1799)
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  • 1532 - 1799
ha date contesto storico istituzionale
denominazione cont...ico istituzionale
  • PRINCIPATO MEDICEO (1532 - 1569) poi GRANDUCATO DI TOSCANA (1569 - 1799)
descrizione contes...ico istituzionale
  • <bioghist> <head>Periodo mediceo</head> <p> Le " ordinazioni " del 27 apr. 1532 che istituivano il principato operarono cambiamenti solo nelle strutture politiche dello Stato fiorentino. Fu infatti abolita la signoria e così anche i consigli della repubblica. Al loro posto subentrarono il consiglio dei duecento, il senato dei quarantotto, il magistrato dei quattro consiglieri, presieduto dal principe, che però, sin dall'inizio, si fece sostituire da un suo luogotenente, tanto che questa magistratura si chiamò magistrato del luogotenente e consiglieri o magistrato supremo. I membri del consiglio dei duecento, la cui carica era vitalizia, nominati la prima volta dai dodici riformatori che avevano redatto la costituzione, furono in seguito designati dal principe fra i cittadini fiorentini; lo stesso si dica per i senatori, che dovevano essere scelti nel consiglio dei duecento. I quattro consiglieri erano eletti fra i senatori dai dodici accoppiatori, nominati fra i membri del senato dei quarantotto.<lb/> Rimasero invece in funzione, all'inizio, immutate almeno nella forma, le antiche magistrature amministrative, finanziarie e giudiziarie, che poi furono gradualmente modificate da Cosimo I e dai suoi successori. Queste erano rette da organi collegiali i cui membri erano all'inizio scelti per tratta, o estrazione a sorte, fra i cittadini fiorentini che avessero determinati requisiti.<lb/> Alessandro e poi Cosimo I svuotarono però di ogni contenuto politico gli organi di governo istituiti dalle ordinazioni. Il consiglio dei duecento e il senato dei quarantotto ebbero vita grama, il magistrato dei consiglieri ebbe solo competenze giurisdizionali e si limitò a registrare le leggi e le norme aventi pubblica rilevanza emanate dal principe.<lb/> Questi dal canto suo si servì per la sua azione politica di persone di fiducia, dei segretari, direttamente nominati da lui, anche al di fuori della cittadinanza fiorentina, il cui possesso ai tempi della repubblica era indispensabile per chi volesse accedere alle cariche politiche ed amministrative. Per i problemi giuridici egli cominciò a nominare come consulenti giureconsulti di chiara fama spesso forestieri.<lb/> L'istituzione del principato portò quindi alla creazione di nuovi organi legati al mutamento del regime, quali la Pratica segreta di Firenze, gli uffici della corte e quelli addetti all'amministrazione del patrimonio del principe, patrimonio che, nella indistinzione tra pubblico e privato, tipica dello stato patrimoniale, aveva anche rilevanza pubblica. Essi erano: la guardaroba, lo scrittoio delle fortezze e fabbriche ed infine quello delle possessioni.<lb/> I segretari si occupavano degli affari politici, del carteggio con le legazioni toscane all'estero, di alcuni affari interni di maggiore rilevanza e degli affari militari; la Pratica segreta fungeva da organo consultivo al quale il principe si rivolgeva per gli affari interni di maggiore rilevanza. La guardaroba, lo scrittoio delle fortezze e fabbriche, quello delle possessioni badavano all'amministrazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare di casa Medici.<lb/> Infine fu creata l'amministrazione della Magona per gestire le miniere, soprattutto quelle del ferro, considerate patrimonio del principe.<lb/> Della antica repubblica rimase una sola carica di rilevanza politica: quella dell'"officiale " delle riformagioni, custode dell'archivio omonimo nel quale erano conservati gli atti politici e i documenti che concernevano l'espansione territoriale della repubblica fiorentina: trattati di pace con le città mano a mano assorbite, atti di dedizione, trattati con vari potentati, concessioni di privilegi. Questo ufficio rivestì grande importanza sotto Cosimo I.<lb/> Il suo titolare divenne come il notaio della corona ed assunse il titolo di auditore. Era inoltre il segretario della Pratica segreta e del senato dei quarantotto. Continuò a funzionare immutato nella sua struttura, l'ufficio delle tratte, chiamato poi segreteria, che al tempo della repubblica provvedeva all'assegnazione delle cariche per estrazione a sorte, e dopo l'istituzione del principato ebbe anche l'incombenza di sbrigare le pratiche relative all'assunzione degli addetti ai pubblici uffici. Grande importanza assunse anche la carica di auditore, consigliere legale del principe, che esaminava le suppliche presentate dai sudditi e si occupava altresì della concessione dei benefici ecclesiastici.<lb/> Per il resto l'amministrazione dello Stato era organizzata in maniera disorganica e la sua struttura risentiva direttamente delle esigenze che nel tempo avevano dato luogo alla istituzione delle varie magistrature. Ciascuna di esse esercitava funzioni che dopo la rivoluzione francese furono separate ed affidate a branche specializzate. A parte i tribunali quasi tutte le magistrature, oltre ad esercitare la funzione amministrativa, riscuotevano imposte ed esercitavano anche la giurisdizione per le materie di loro competenza.<lb/> Il territorio dello Stato era diviso originariamente in contado e distretto. A queste due parti - si era aggiunta la provincia pisana, mentre Pistoia e la sua Montagna avevano anche esse un regime speciale. Dal 1557 si aggiunse poi lo Stato di Siena, che conservò un ordinamento separato. Il suo territorio era amministrato da organi centrali residenti a Siena ed affidati in gran parte a cittadini senesi. Così l'intero principato si divise in " Stato vecchio " e Stato di Siena, amministrati separatamente e con sistemi diversi, riuniti nella persona del sovrano che aveva in Siena un governatore, esecutore della sua volontà.<lb/> Quanto alle circoscrizioni territoriali, sia lo Stato vecchio che quello di Siena erano divisi in vicariati e i vicariati in podesterie; queste cariche erano affidate rispettivamente a cittadini fiorentini e senesi. I vicari vi esercitavano la giurisdizione criminale e civile, i podestà solo quella civile. Vicari e podestà avevano anche funzioni amministrative e rappresentavano l amministrazione centrale.<lb/> Le amministrazioni comunali, il cui ambito territoriale, a parte le inevitabili variazioni, era stato stabilito in tempi molto antichi (per alcune addirittura si può risalire al tempo della conquista da parte delle due " dominanti "), erano nello Stato vecchio sottoposte al controllo dei Cinque conservatori del dominio fiorentino, istituiti nel 1420 ad resecandas expensas comunitatum, poi alla giurisdizione degli otto di pratica, per quanto riguardava le loro controversie, infine al magistrato dei Nove conservatori della giuridizione e del dominio fiorentino, istituito nel 1560, che riunì in sé le funzioni delle due magistrature.<lb/> Ai Nove fu anche affidata la riscossione e la gestione di una imposta istituita nel 1545, quella delle così dette " spese universali ", che doveva essere pagata dai possidenti del distretto fiorentino, mentre quelli del contado, al medesimo magistrato, pagavano la decima.<lb/> Oltre a queste due imposte, ai Nove fu affidata in vari tempi la riscossione e la gestione di altre imposte pagate da tutte o da alcune comunità dello " Stato vecchio ".<lb/> Alla loro giurisdizione e controllo era però sottratto il territorio di Pistoia e della sua Montagna, sottoposto dal 1532 prima al magistrato supremo, poi ai quattro commissari di Pistoia ed infine alla Pratica segreta, che, come organo tutorio di questa parte di territorio, si riuniva in sedute separate ed aveva un archivio anche esso separato.<lb/> Infine le comunità dello Stato vecchio erano sottoposte al controllo tecnico dei capitani di parte per quanto riguardava l'esecuzione dei lavori pubblici da esse finanziati. Questa magistratura conservò ancora nel principato il potere di perseguire i ribelli e di confiscar ne i beni, ma poi, inglobati nel 1549 gli ufficiali di torre e istituiti nel suo interno gli ufficiali dei fiumi, ebbe anche il compito della progettazione e dell'esecuzione dei lavori finanziati dallo Stato e dalle comunità, della manutenzione delle strade e di alcune fortezze e degli argini dei fiumi.<lb/> Per finanziare la sua attività riscuoteva alcune imposte e ne amministrava il provento.<lb/> Come si vede, le attribuzioni di queste magistrature non erano chiare e distinte, per cui frequentemente sorgevano conflitti di competenza fra i Nove e i capitani di parte, sia per quanto riguardava i lavori delle comunità, i cui stanziamenti erano sottoposti all'approvazione dei primi, sia per quanto riguardava i lavori finanziati con denaro del pubblico erario. I capitani di parte invadevano anche la sfera di competenza dello scrittoio delle fortezze e fabbriche. Nello Stato patrimoniale, in cui tutto era considerato patrimonio del principe, non vi era distinzione di mansioni, ma divisione di cose.<lb/> Gli stessi inconvenienti si verificavano nel sistema finanziario. Con l'avvento del principato fu abolita di fatto la camera del comune, cassa centrale insieme al monte comune delle graticole della repubblica fiorentina, accanto alla quale era sorta la depositeria generale intorno al 1540.<lb/> A questo organo dovevano essere versati i proventi delle imposte e di quanto altro si riscuoteva dalle magistrature addette a percepire denaro dovuto all'erario per varie cause, detratte le spese per il pagamento degli stipendi al personale e per l'adempimento degli obblighi propri di ciascuna di esse. Infatti nel sistema finanziario e fiscale del principato mediceo, così come in quello della repubblica fiorentina, le imposte venivano istituite per far fronte a determinate spese, ma spesso, sorte come straordinarie, divenivano poi ordi narie.<lb/> Esse in genere venivano riscosse e gestite da magistrature create ad hoc o già esistenti.<lb/> Così era per la gabella dei contratti e per la decima granducale, amministrata dagli ufficiali di decima, che si riscuoteva in Firenze e nel contado, il cui provento era versato, come abbiamo visto, per la parte che si riscuoteva nel contado, al magistrato dei Nove, e per quella pagata dai cittadini fiorentini, al monte delle graticole perché adempisse alle sue funzioni istituzionali. Lo stesso si dica per la " tassa " del macinato, istituita dapprima come gabella insieme all'ufficio delle farine nel 1552 per la sua riscossione, e trasformata nel 1678 in testatico. E inoltre da rilevare che, a parte le gabelle interne ed esterne, che erano riscosse da una organizzazione periferica di Stato, molte imposte erano riscosse dai camarlinghi delle comunità che provvedevano a versarle ai vari organi centrali che le amministravano.<lb/> Accanto a queste magistrature vi erano quelle preposte al debito pubblico. Le più antiche erano il monte comune o delle graticole che risaliva alla repubblica fiorentina, e il monte di pietà, istituito nel 1495, che oltre a funzionare come istituto di credito su pegno, finì per erogare prestiti con interesse. Durante il principato mediceo si aggiunsero il monte del sale, nel 1692 il monte sussidio vacabile, nel 1706 il monte sussidio non vacabile e infine nel 1711 il monte redimibile. A questi monti, istituiti quando lo Stato ricorreva al credito, erano assegnate aliquote di imposta per pagare gli interessi ai creditori.<lb/> 11 sistema fiscale e finanziario del principato mediceo, caratteristico di uno Stato povero e in netto regresso economico, era completato da due magistrature : quelle dell'abbondanza e della grascia, che provvedevano a rifornire in tempo di carestia lo Stato e soprattutto la città di Firenze delle derrate alimentari di prima necessità. Le antiche arti, che erano la base politica della repubblica, persero ogni potere ed operarono come corporazioni preposte alle attività manifatturiere, commerciali e professionali in regime di monopolio.<lb/> Quanto al sistema giudiziario per la giurisdizione civile funzionava in Firenze la ruota civile, fondata nel 1502 e riformata più volte sotto Cosimo I. Questo tribunale, composto di sei giudici, in generale non fiorentini e spesso non toscani, era diviso in sezioni ed aveva la giurisdizione di appello, sia per Firenze, sia per il dominio, quando gli statuti locali non disponevano diversamente.<lb/> Oltre alla ruota che aveva competenza per le cause civili, amministravano la giustizia altri tribunali, come quello dei pupilli, che aveva la giurisdizione sui minori, sui poveri, e in genere sugli incapaci, il magistrato della mercanzia. che aveva giurisdizione esclusiva sulle cause di commercio; i conservatori di leggi che, fra le altre, avevano la giurisdizione sulle cause dei poveri ed infine il magistrato supremo che era considerato il " tribunale del principe ", e che, in quanto tale, aveva una giurisdizione generale e poteva trattare tutte le cause.<lb/> La giurisdizione penale, che nel dominio era esercitata dai vicari, fu affidata in Firenze agli Otto di guardia e balia dopo l'abolizione del podestà e del capitano del popolo. Questa magistratura esercitava il controllo sulle sentenze dei giusdicenti periferici, che diventavano esecutive dopo la sua approvazione. Dopo il 1543, con l'istituzione dell'auditore fiscale, il controllo delle sentenze criminali passò a questo alto magistrato, che diventò il regolatore del sistema giudiziario penale del principato.<lb/> Queste le strutture statali dello Stato toscano alla morte di Cosimo I Dopo di lui sul piano formale avvennero pochi cambiamenti di rilievo.<lb/> Fu istituita nel 1600 la consulta " per le suppliche di Stato ", essendo ormai il loro numero divento così grande che il relativo esame richiedeva l'intervento di più persone. Questa magistratura era formata dall'auditore fiscale e da due auditori nominati dal granduca e assunse in breve il controllo dell'amministrazione della giustizia.<lb/> La carica di primo auditore fu abolita nel 1610. Le mansioni di questo alto magistrato passarono in parte al primo segretario di Stato, in parte agli auditori, in parte, per quanto riguardava le materie ecclesiastiche, all'auditore dei benefici ecclesiastici, chiamato poi, nel sec. XVIII, segretario della giurisdizione o del regio diritto.<lb/> Dopo la morte di Lorenzo Usimbardi, avvenuta nel 1636, i successori furono chiamati segretari di guerra. Questa segreteria ebbe poteri e competenze che aveva avuto l'Usimbardi e che rimasero fissi sino alla fine del principato mediceo; ebbe inoltre anche un organico separato.<lb/> Nel 1680 fu istituita la ruota criminale alla quale furono affidate le cause penali più importanti, sottraendole al magistrato degli Otto di guardia e balia. Ma questo tribunale ebbe breve vita perché fu soppresso nel 1699.<lb/> Queste erano in grandi linee le strutture del principato mediceo per lo Stato vecchio fino alla morte di Gian Gastone. Si può dire che esse non furono sostanzialmente modificate dopo la morte di Cosimo I. Ma se formalmente tutto rimase come era, mutarono notevolmente i contenuti: i problemi lasciati insoluti dalla repubblica si esasperarono, tanto che le critiche alle istituzioni cominciarono a venire dagli stessi funzionari e magistrati che reggevano la cosa pubblica</p> </bioghist> <bioghist> <head>Periodo lorenese</head> <p>L'avvento di Francesco Stefano di Lorena nel luglio del 1737 diede inizio ad un periodo di profonde riforme delle strutture dello Stato toscano, periodo che ebbe il suo culmine al tempo di Pietro Leopoldo. Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d'Austria, venne in Toscana ma vi rimase solo pochi mesi, dal gennaio all'aprile 1739. Egli governò il granducato attraverso suoi rappresentanti, come il principe di Craon, il conte di Richecourt, il barone Orsini di Rosemberg. Inoltre sin dall'inizio riformò profondamente gli organismi della direzione politica. Alla segreteria sostituì per i primi tre anni un consiglio di reggenza composto dal suo luogotenente, il principe di Craon, dal primo segretario di Stato, abate Tornaquinci, dal maggiordomo, maggiore Tommaso del Bene, dal segretario di guerra, marchese Rinuccini, dal comandante in capo delle truppe imperiali di occupazione, generale Wachtendonk. Poi nel 1739, a somiglianza delle altre monarchie di Europa, istituì con motuproprio del 25 aprile i consigli di Stato e di reggenza, di finanze e di guerra e le rispettive segreterie. Francesco Stefano lasciò sussistere tutte lealtre magistrature, ordinando però che fosse fatto un piano organico per distribuirle alle dipendenze delle tre segreterie;. a seconda della loro competenza. Piano che fallì perché queste avevano quasi sempre competenza promiscua, come al tempo dei Medici.<lb/> Una sola radicale riforma fu eseguita subito da Francesco Stefano per cercare di aumentare il gettito delle imposte: l'istituzione dell'appalto generale per la loro riscossione, riforma che portò con sé la creazione della camera granducale, tribunale competente per le cause civili e criminali in materia di appalto.<lb/> Per il resto, a parte l'abolizione del consiglio di guerra, avvenuta nel 1746 e di quello di finanze, avvenuta nello stesso anno, non vi furono riforme di struttura, perché Francesco Stefano, perseguendo una politica riformatrice, continuò a servirsi dei vecchi organi della pubblica amministrazione, modificandone spesso le attribuzioni. D'altra parte, specialmente durante la guerra di successione austriaca, doveva procedere cautamente per non suscitare ulteriori ostilità ed inimicizie che potessero aggravare sul piano politico la già critica situazione in cui si trovava coinvolto lo Stato austriaco.<lb/> A parte alcuni provvedimenti presi fino al 1748, come la ristrutturazione del monte comune, per diminuire il debito pubblico, e l'unificazione di questo col monte del sale e con quello redimibile, avvenuta nel 1746, e qualche legge che cercava di agevolare la circolazione delle derrate alimentari all'interno del suo Stato, non vi furono altre grosse riforme.<lb/> Viceversa dopo il 1748 si ebbero la legge sulla manomorta, quella sui feudi e quella sulla nobiltà e cittadinanza, che ebbero profonde ripercussioni nella vita dello Stato e della società.<lb/> In generale si può affermare che gli uomini messi a capo dell'amministrazione e i nuovi e più stretti rapporti degli organi amministrativi con quelli politici, crearono una realtà nuova nel granducato attraverso le vecchie strutture che fecero sempre maggiormente sentire la loro insufficienza.<lb/> Toccherà a Pietro Leopoldo, succeduto al padre nel 1765, attuare le riforme che sradicarono completamente le vecchie istituzioni medicee e crearono un'amministrazione più razionale, più efficiente, più " moderna ".<lb/> Come primo atto del suo governo Pietro Leopoldo istituì nel 1766 l'amministrazione della corte, unificando i " dipartimenti n del maggiordomo maggiore, delle regie razze, della guardaroba e delle regie fabbriche, che sotto Francesco Stefano erano privi di collegamento.<lb/> Poi, nell'intento di regolarizzare il regime del patrimonio della corona e di quello dello Stato per sottoporlo alle stesse imposte che gravavano su quelli privati, emanò una serie di provvedimenti che miravano a razionalizzarne e semplificarne l'amministrazione.<lb/> Egli infatti nel 1770 assoggettò il patrimonio della corona e quello dello Stato al pagamento delle imposte; poi eliminò le interferenze esistenti fra i vari uffici della corte. Alla guardaroba era già stato tolto da Francesco Stefano nel 1739 l'onere di provvedere alla riparazione e manutenzione degli edifici e delle ville di proprietà della corona, compito che era passato allo scrittoio delle regie fabbriche.<lb/> L'amministrazione della real corte divenne perciò col tempo l'unico ufficio che gestiva l'intero patrimonio della corona. Le tappe percorse da questo processo di unificazione e di razionalizzazione furono a volte contraddittorie, anche perché l'antica confusione fra il patrimonio pubblico, quello della corona e quello privato del sovrano Aveva creato strutture, competenze e posizioni di potere difficili da eliminarsi. Così nel 1770 l'ufficio della guardaroba maggiore perdette la sua autonomia e fu sottoposto alla segreteria di finanze come gestore di un pubblico patrimonio. Lo stesso si dica per lo scrittoio delle possessioni, che passò sotto il controllo della medesima segreteria e per lo scrittoio delle regie fabbriche, al quale nel 1777 fu affidata anche la manutenzione degli edifici militari. Questi tre uffici, che amministravano beni considerati di proprietà dello Stato, della corona e personali del sovrano, furono, come si è detto, messi da Pietro Leopoldo in un primo tempo alle dipendenze della segreteria di finanze poi, col delinearsi sempre più chiaramente della distinzione tra beni dello Stato e beni della corona, passarono nel 1789 alle dipendenze della " amministrazione generale dei patrimoni della corona e personale di sua altezzareale ", dopo avere lasciato ad altri organi dello Stato l'amministrazione dei beni che non erano di pertinenza della casa regnante, esclusi alcuni istituti e raccolte di arte.<lb/> Un'ultima semplificazione si ebbe al tempo di Ludovico di Borbone nel 1802, quando fu deciso che l'amministrazione della real corona e corte fosse limitata " ai soli dipartimenti della real corte e della guardaroba generale ".<lb/> Per quanto riguarda gli organi della direzione politica, la loro struttura rimase inalterata, a parte l'istituzione della segreteria degli esteri avvenuta nel 1765, fino al 1770, quando Pietro Leopoldo istituì il consiglio di finanze; infine nel 1789 i consigli di Stato e quello di finanze furono riuniti in un solo organo collegiale che si chiamò consiglio di Stato, finanze e guerra. Anche le segreterie furono riunite sotto un'unica direzione, pur rimanendo separati gli uffici, il personale e gli archivi.<lb/> A questi organi se ne aggiunse un altro nel 1770: la segreteria intima di gabinetto, che funzionava come segreteria personale del sovrano, nella quale confluivano gli affari più importanti che egli voleva esaminare personalmente.<lb/> Pietro Leopoldo riformò profondamente le strutture amministrative del granducato. Egli iniziò con l'abolizione dei capitani di parte e dei Nove conservatori. Nel 1769 essi furono sostituiti dalla camera delle comunità, luoghi pii, strade e fiumi, che assunse il controllo delle amministrazioni comunitative ed ebbe la direzione dei lavori pubblici per il contado e il distretto, mentre l'ufficio dei fossi di Pisa esercitava queste mansioni per il territorio della " provincia pisana ". La camera delle comunità amministrò anche per qualche tempo il " chiesto dei Nove " e le altre imposte di competenza sia di questa magistratura, sia dei capitani di parte.<lb/> Alla riforma di questi due uffici seguì quella dell'ufficio delle farine, avvenuta nel 1766.<lb/> La riscossione della imposta del macinato, trasformata in testatico sin dal 1678, passò alla stessa camera delle comunità.<lb/> Pietro Leopoldo si rivolse dopo alla riforma del sistema comunitativo. Erano ancora in vigore, almeno formalmente, i vecchi statuti; gli organi della rappresentanza e del governo delle comunità variavano per composizione e struttura nelle diverse parti del territorio, ancora legate a situazioni che appartenevano al passato e che ormai erano profondamente mutate. Pietro Leopoldo emanò, prima, dei regolamenti generali: uno per il contado e uno per il distretto nel 1774, uno pei la provincia pisana nel 1776, uno per la provincia superiore senese nel 1777 e uno per la provincia inferiore nel 1778. In essi stabiliva le norme generali che dovevano regolare le strutture delle amministrazioni comunitative e i rapporti con gli organi centrali di controllo.<lb/> Emanò poi in vari anni i regolamenti particolari per ciascuna comunità, stabilendo fra l'altro le nuove circoscrizioni territoriali e la quota annua di imposta che doveva essere pagata all'erario invece di quelle che si pagavano alle vecchie magistrature centrali; questa imposta venne chiamata " tassa di redenzione ".<lb/> Anche il sistema finanziario e fiscale fu riformato profondamente e adeguato alle nuove strutture. Sin dal tempo di Francesco Stefano il monte aveva perduto la funzione di seconda cassa centrale del granducato e sotto Pietro Leopoldo la riforma delle strutture statali e la graduale abolizione delle varie casse che erogavano stipendi ed emolumenti, avevano concentrato il versamento delle entrate e l'erogazione delle uscite nella depositeria generale, ad eccezione di alcuni casi di secondaria importanza. Questo organo divenne l'unico erogatore degli stipendi degli impiegati di tutte le amministrazioni statali e di tutte le spese dello Stato. II suo collegamento con la segreteria di finanze divenne più stretto e, anche se non si arrivò a compilare i bilanci preventivi della spesa pubblica, pure se ne ottenne la razionalizzazione. Pietro Leopoldo nella ristrutturazione del sistema finanziario parti dell'appalto generale, che nel 1768 fu sostituito dall'amministrazione generale delle regie rendite, che gestiva tutti i proventi statali appaltati da Francesco Stefano.<lb/> Seguì poi la smobilitazione del magistrato della decima, i cui registri furono affidati allecomunità del contado, perché queste provvedessero alla riscossione dell'imposta e al pagamento in loco per conto della depositeria delle spese che erano a carico dell'erario.<lb/> Pietro Leopoldo dispose che fossero riveduti anche gli estimi delle comunità sottoposte al " chiesto dei Nove ", al fine di unificare i criteri per la ripartizione dell'imposta sui beni immobili, ma non riuscì nel suo intento per le difficoltà finanziarie delle comunità che non potevano sostenere le spese della revisione.<lb/> Anche l'imposta del macinato fu modificata e i suoi criteri di ripartizione furono ammodernati nel 1776. La sua amministrazione fu in un primo tempo affidata alla camera delle comunità, poi, nel 1802, ad uno speciale " dipartimento ". Ultima riforma fondamentale All'interno del sistema fiscale fu quella delle dogane interne ed esterne. Le prime) che erano quelle di Firenze, Pistoia. Pisa, Livorno e dello Stato di Siena, dividevano il territorio dello Stato in compartimenti stagni, che assoggettavano le merci al pagamento di tariffe stabilite per ciascuna di esse da statuti e leggi, il cui fondamento risaliva sino ai tempi della repubblica, ed erano di grave intralcio alla circolazione delle merci all'interno dello Stato. Le seconde erano disposte lungo i confini del granducato.<lb/> Vi erano inoltre le gabelle riscosse da parecchie comunità, che con questi proventi integravano le loro scarse entrate.<lb/> Con una serie di provvedimenti, Pietro Leopoldo tese ad abolire le dogane comunitative e quelle interne, unificando le tariffe di quelle esterne. La legge doganale generale, che aboliva le dogane interne, lasciando soltanto i dazi che si riscuotevano alle porte di Firenze, Siena, Pisa e Pistoia, fu emanata il 19 ottobre 1791, al tempo di Ferdinando III, che successe al padre, succeduto a sua volta al fratello Giuseppe II sul trono austriaco; ma essa si può considerare il logico corollario della politica doganale di Pietro Leopoldo.<lb/> Egli cercò anche di abolire il debito pubblico. Infatti con motuproprio del 1° mar. 1788 ordinò che fossero annullati i luoghi di monte posseduti dalle comunità e diminuì la tassa di redenzione di tre scudi e mezzo da esse dovuta per ogni luogo di monte cancellato. Con legge del 7 marzo successivo obbligò i privati possessori di immobili ad affrancare le loro quote di tassa di redenzione con la cessione dei luoghi di monte allo stesso valore stabilito per le comunità; nello stesso tempo abolì il monte comune. Ma questi provvedimenti non sortirono l'effetto voluto. Invece dei luoghi di monte, circolarono le patenti di cassazione della tassa di redenzione, usate come denaro contante, per cui Ferdinando III con le leggi 26 sett. e 6 ott. 1794 e 27 giu. 1796 ristabilì questa imposta e il monte comune, che ricominciò ad emettere i luoghi di monte.<lb/> Le vicende legate all'invasione francese del 1799 resero indispensabile nel 1800 la istituzione di un monte redimibile che, nel 1802, fu unito al monte comune.<lb/> Per quanto riguarda la giustizia civile, Pietro Leopoldo emanò il 30 dic. 1771 una legge che aboliva il vecchio sistema di nomina dei giudici sia dei tribunali periferici, sia di quelli fiorentini, e disponeva che a giudicare le cause di loro cognizione dovessero essere " giudici necessari ", cioè giudici stabili, nominati dal sovrano, togliendo ai litiganti la facoltà di scegliere il proprio giudice. Venivano stabilite norme rigorose per la procedura sia in prima istanza, sia in appello. Le cause di seconda istanza dovevano essere discusse soltanto davanti alla ruota che veniva designata come tribunale di appello.<lb/> Venivano così riformati il tribunale dei pupilli, quello dei conservatori di leggi, il magistrato supremo. La mercanzia veniva soppressa nel 1770, ripristinata nel 1775, infine definitivamente soppressa nel 1782. Così accadde per i conservatori di leggi, aboliti nel 1777.<lb/> Al loro posto furono istituite le cariche del conservatore delle leggi e dell'avvocato regio.<lb/> Nel 1772 furono riformati i tribunali provinciali, rivedendo le circoscrizioni territoriali degli antichi vicariati e delle podesterie, e facendo coincidere l'ambito territoriale di queste ultime con le comunità.<lb/> Per la giustizia criminale, fu soppresso nel 1777 il tribunale degli Otto di guardia e sostituito col supremo tribunale di giustizia, che avocò a sé la giurisdizione criminale di tuttigli altri tribunali. Esso fu presieduto dall'auditore fiscale fino alla sua abolizione avvenuta nel 1784, poi da un presidente.<lb/> Nel 1777 fu soppressa anche la camera granducale, le cui competenze per le materie civili passarono al tribunale delle regalie, soppresso a sua volta nel 1789.<lb/> Anche la consulta fu abolita nel 1788: alcune sue competenze furono distribuite fra altri tribunali, ma la maggior parte furono assegnate al presidente del buon governo. Al suo posto fu creata nel 1789 la carica di consultore legale, che ne esercitò alcune mansioni.<lb/> La consulta fu ristabilita nel 1793 e riebbe le competenze che aveva prima: divenne l'organo di controllo di tutto il sistema giudiziario del granducato; fra le sire facoltà c'era anche quella di pronunziarsi sui ricorsi contro le sentenze passate in giudicato.<lb/> Altra riforma fondamentale fu quella del fisco. Questo organo dipendeva dall'auditore fiscale, capo supremo della giurisdizione criminale e della polizia. La legge leopoldina del 7 mar. 1778 soppresse la congregazione fiscale, e ridusse il fisco ad una amministrazione del patrimonio e delle entrate fiscali. I poteri dell'auditore passarono per la maggior parte al presidente del buon governo, istituito il 22 aprile 1784. Questo ufficio ebbe alle sue dipendenze la polizia, l'ufficio del fisco, le carceri e i giusdicenti provinciali per ciò che riguardava le loro mansioni di polizia.<lb/> Nell'intento di liberalizzare la politica economica e di distruggere monopoli e privative furono abolite le arti. Pietro Leopoldo dal 1770 al 1776 le soppresse in Firenze e nel resto dello Stato; abolì inoltre il regime annonario, dapprima sopprimendo le leggi che impedivano la libera circolazione delle derrate alimentari all'interno del granducato e i balzelli che gravavano sulla macinazione dei cereali e sulla fabbricazione del pane, come pure ogni provento di forni e diritti di canova, poi sopprimendo nel 1768 i magistrati dell'abbondanza e della grascia, unificati nella congregazione dell'annona. Infine abolì anche questa nel 1775, lasciandone sussistere soltanto lo scrittoio, soppresso a sua volta nel 1778.<lb/> A coronare la sua opera riformatrice, Pietro Leopoldo confiscò il patrimonio di molti monasteri e chiese, e formò nel 1784 in ogni diocesi del granducato l'amministrazione del patrimonio ecclesiastico che doveva provvedere a mantenere le chiese con le rendite dei beni confiscati. Si creò così un'altra struttura amministrativa alle dipendenze della segreteria del regio diritto. Questi uffici furono aboliti nel 1794 </p> </bioghist>
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